Disastro a Tor Marancia
Complimenti a Gualtieri per la definizione «tessuto ambientale», che evoca giustamente qualcosa di fragile, complesso e bisognoso di cure attente e lungimiranti. Ma quando il verde è in degrado spesso è per la carenza di fondi per cura e manutenzione: una generica «riqualificazione» non basta. Piantare nuovi alberi e piante tutti insieme, in fretta, spesso comporta la scelta di essenze inadatte, destinate a morire. Non facciamoci sedurre dal numero degli alberi piantati: se abbandonati muoiono. Servono invece fondi stabili e adeguati per la conservazione e gestione. Il contrario è ben illustrato dall’attuale «riqualificazione» o «rivalutazione» della tenuta di Tor Marancia, area verde di campagna a pochi minuti dal centro, fino a pochi mesi fa dichiarata «miracolosamente intatta». Con un progetto di 20 anni fa, ispirato a modelli di 100 anni fa, l’intera area è stata rasa al suolo con ruspe e seghe elettriche. La parte boschiva è sparita, col sottobosco e i roveti di more, a biancospini, ginestre, fichi d’india, ciclamini, corbezzoli e altro; il pendio che separava dalla strada adiacente è stato livellato e sono apparsi scavi e grosse spianate. Senza alcun rispetto per il «tessuto ambientale» cui si riferiva il sindaco. Nessuna sensibilità per l’ambiente, né per l’impatto su fauna e flora, né per i cittadini che avevano scelto di abitare di fronte a un bosco e ora hanno davanti mezza collina spianata. Purtroppo a Tor Marancia gli alberi tagliati non ricresceranno. Da progetto ne sono stati piantati di nuovi, ma a fine lavori, tra qualche mese, ci saranno fondi per tutelarne la crescita e conservazione? Sarà garantita la supervisione e la sorveglianza per impedire che l’area, ora «rivalutata» degeneri in discarica? I tentativi di urbanizzare la bellezza della natura riescono forse a contenere il terreno recintandolo, ma lo spirito di quella bellezza, il Genius loci, viene perduto per sempre.
John e Anna Weatherhogg