Demce: «Ho pronto lo squadrone» La guerra per vendicare Diabolik
«Fascisti e laziali» al lavoro sui piani contro Molisso (per i pm mandante del delitto)
«Fascisti» e albanesi, uniti nella curva laziale, volevano la vendetta sugli ex alleati camorristi. Nello scenario di guerra innescato dall’omicidio del narcos-ultrà Fabrizio Piscitelli, erano schierati su sponde opposte gran parte dei nomi di spicco della criminalità romana. Gli arresti tempestivi, qualche errore di pianificazione negli attentati e, presumibilmente, la consapevolezza che la «pace» è sempre più propizia agli affari hanno impedito che il sangue scorresse ancora più copioso.
A inquadrare con precisione il gruppo di chi voleva vendicare Diabolik è una rivelazione fatta a Giuseppe Molisso, individuato anche dai pm come possibile mandante del delitto, e contenuta nella nuova informativa della Squadra mobile e dei carabinieri di via In Selci, deposita dalla Dda al processo contro l’esecutore materiale dell’agguato del 2019 al parco degli Acquedotti, Raul Esteban Calderon. A parlare con Molisso, che dal boss detenuto Michele Senese ha raccolto il testimone nella Capitale, è nel luglio 2020 un suo sodale, Andrea Buonomo, scalzato da Piscitelli nelle grazie dello stesso Senese, ma rimasto legato a persone vicine all’ex capo degli Irriducibili: «Profeta (Buoscontri nomo, ndr) stava tutto impaurito, sta mbriaco de malavita, dice che ce sta un gruppo de fascisti che me vole ammazzà». Molisso non sembra intimorito («glie sfonno la testa, gliela spappolo, io faccio i fatti no le cazzate come sti infami») ma la preoccupazione lo spinge ad approfondire, tanto più che un drone ha sorvolato casa sua («saranno le “guardie”»). Le indagini rivelano poi che sulle sue tracce c’era il killer di sangue nobile Matteo Costacurta, «attivo nell’estrema destra capitolina», alle spalle una condanna a quattro anni e mezzo per gli nella Capitale seguiti all’uccisione del tifoso laziale Gabriele Sandri, finito in un controllo di polizia con il terrorista nero Luigi Ciavardini (condannato con i Nar Mambro e Fioravanti per la strage di Bologna, 1980) e già autore del fallito agguato all’altro presunto mandante del delitto Piscitelli, Leandro Bennato.
Ad incaricare Costacurta è stato Elvis Demce, l’albanese a sua volta successore del connazionale Arben Zogu, a lungo “protettore” di Piscitelli, come lui emanazione del gruppo ultrà degli Irriducibili, alla guida della «Batteria di
Ponte Milvio», il gruppo di spacciatori con cui hanno scalato le gerarchie criminali di Roma. Forse troppo in fretta: «Diabolik non so come, in questi quattro anni ha fatto una scalata che non vi rendete conto», dice in una conversazione intercettata un indagato dell’inchiesta Mondo di Mezzo, alludendo ai suoi legami con quel ramo della camorra: «I napoletani e gli albanesi sono una cosa sola, questa è gente di merda, gente cattiva». La composizione di questa banda è fotografata, anche visivamente, da un’altra inchiesta, durante un incontro di boxe di uno degli albanesi, nel 2013, (da cui il soprannome di «pugilatori»). Ci sono ancora Piscitelli, Demce, Zogu e altri. Saranno loro a mettersi contro Senese, firmando forse così la condanna a morte di Diabolik.
«C’ho già lo squadrone pronto», dice Demce annunciando vendetta, «un termine tipico del ventennio fascista», rimarcano gli investigatori. Suoi fedeli sono tra gli altri Carlo Gentile, altro pregiudicato legato all’estrema destra, e Fabrizio Mineo, figlio del procuratore sportivo Camillo, con precedenti di polizia per discriminazione razziale.
Profeta (Buonomo, ndr) stava tutto impaurito, sta mbriaco de malavita, dice che ce sta un gruppo de fascisti che me vole ammazzà Molisso