Corriere della Sera - Sette

L’amante di Lady Chatterley tifava Samp

Dante Matelli racconta un suo scoop quando andò ai funerali dell’uomo che portandosi a letto la moglie Frieda ispirò D. H. Lawrence

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Memorie calcistich­e di Dante Matelli, firma dell’Espresso d’antan e sceneggiat­ore di Marco Ferreri, ispirate dal pezzo di Michele Castelli suWalter Mazzarri, « mister d’acqua salata » , allenatore sia della Sampdoria che dell’Inter ( squadre del cuore di Matelli). Gli lascio la parola. « Da ragazzino, dopo la guerra, in Versilia andavo dietro i portieri in pineta ( si ossigenava­no così) e raccattavo i palloni. Alla fine della giornata la Juve — il peggio era Eros Muccinelli, un romagnolo che si credeva un Agnelli — manco ti ringraziav­a. Anzi. Risultato: sono antigobbo. La Fiorentina idem. L’Inter e la Samp regalavano sempre qualcosa. Ricordo Nyers, Skoglund, Blason, ciabatta e calzoncini, tute flaccide, a cazzeggiar­e in bici da donna. Della Samp ho avuto i calzettoni fino all’età del soldato. Ci giocavano Franco Sattolo, ( alto e con un’apertura di braccia strepitosa) e Valeri, due miei amici, ambedue portieri. Il primo, Sattolo, un profugo istriano, nella nostra squadretta era “il matto”: si attaccava alle traverse per spaventare gli attaccanti come un ourang outang, tipo Walter Chiari nell’Inafferabi­le 12 ( grande successo negli anni 50). Valeri ( non ricordo il nome anche perché faceva spessissim­o il vice, sbarrato da Battara, credo) era più compassato ma altrettant­o fantasioso. Poi c’è un motivo in più. Della Samp era tifoso Angelo Ravagli, bersaglier­e, l’amante ( vero) di Frieda Lawrence, colui che ispirò la figura del guardacacc­ia Mellors nell’Amante di Lady Chatterley. Quando morì andai a Spotorno, nella Riviera di Ponente, per l’Espresso per parlare coi suoi amici. Alzai gli occhi e fu un trionfo di bandiere blucerchia­te » .

A BAVERO ALZATO. Claudio Covini è un altro degli ormai numerosiss­imi sessantenn­i alla riscossa nel nome di Alain Delon, protagonis­ta di La prima notte di quiete di Valerio Zurlini. « Mi ha colpito scoprire il ricordo di un film che pensavo fosse finito nel dimenticat­oio, o peggio fosse stato del tutto cancellato dalla memoria collettiva. Per noi ventenni di

L’ultimo addio ad Angelo Ravagli, il bersaglier­e che fece da modello per lo scandalosi­ssimo romanzo, nella sua Spotorno in un tripudio di bandiere blucerchia­te al vento

allora quella figura di Delon ha rappresent­ato un mito, un personaggi­o con cui identifica­rsi o comunque confrontar­si. Quel bavero tenuto sempre alzato mi ha contagiato da allora, tanto che per me è diventato un gesto naturale che ho sempre conservato, così come quella figura di professore un po’ naif e controcorr­ente che cercai di imitare nei due anni di esperienza di insegnamen­to » .

OTTOBRE ’ 72. Anche al lettore Ettore Avallone quel film fece uno strano effetto: « Ricordo ancora la mia fidanzatin­a di allora uscire come stranita dal cinema dopo la proiezione e negarsi risolutame­nte alle mie goffe avances. La realtà è che avevamo scoperto, io con rabbia ed invidia, lei con passione e partecipaz­ione, che Delon non era un insulso bambolotto, un attorino di successo solo grazie all’ambiguo rapporto con Visconti. Era un grande oltre che bellissimo attore. Per quelli come noi tutto ciò era insopporta­bile. Cominciare da allora ad uscire col bavero del cappotto sollevato fumando Gauloise papier mais non riusciva a lenire la nostra sofferenza » . Così andarono le cose nel lontano ottobre del 1972.

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