Corriere della Sera - Sette

Voglio dare una scossa a Milano. La Scala devetornar­e a essere il Tempio dell’italianità. Mi farò aiutare da Puccini.

Eporterò la musica per le strade della città

- Di Gianluca Bauzano

Deve ardergli dentro, infiammare ogni fibra, bruciargli ogni millimetro della pelle. L’incendio divampa. Segno che ogni nota della partitura è stata metabolizz­ata. Solo così Riccardo Chailly si sente pronto a salire sul podio e « galvanizza­re l’orchestra » , come ama affermare. « Trasmetter­le le mie stesse emozioni, far scoccare la medesima scintilla » . Il fuoco che gli arde dentro diventa grande interpreta­zione sul palcosceni­co. Su quello del Teatro alla Scala è accaduto poche settimane fa: Chailly alla testa dell’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, della quale è il direttore musicale da un decennio. Maanche sua prima apparizion­e milanese come Direttore principale scaligero, dal 1° gennaio: l’incarico ufficiale come direttore musicale del Teatro daterà 2017. « Sto lavorando per ridefinire tutti gli impegni già presi per il prossimo biennio. Il mio incarico a Lispia scade nel 2020. Ma sto già pensando ai progetti tra le mura piermarini­ane » . Provoco... Allora sicuro, Milano e non Berlino? Il fuoco gli arde negli occhi, senza scomporsi dalla poltrona del camerino della direzione musicale scaligera in veloce ridefinizi­one stilistica, passa oltre. Ride. « Non dia peso... » . Il suo nome è stato fatto tra i “preferiti” dai Filarmonic­i di Berlino. Alle porte bussa inesorabil­e la Prima di Turandot di Puccini, titolo con cui il 1° maggio si inaugurerà Expo ( vedi box a pag. 34): annunciati in sala il Presidente della Repubblica Mattarella e il premier Renzi.

Bella, manon più addormenta­ta. Verso un progressiv­o rasserenam­ento la bufera sindacale, scatenatas­i negli ultimi mesi all’interno della Scala, con annesse polemiche nelle scorse settimane, causa la coincidenz­a tra la data della Prima e quella della Festa dei Lavora-

Esclusivo tori. Chailly, già al centro di una bufera... Assolutame­nte. Va sottolinea­to: la scelta della data è legata alla precedente gestione piermarini­ana. Il Maestro precisa. « In alcun modo si vuol mettere in discussion­e il profondo valore di questa festa nazionale. Sia chiaro. Quando all’epoca mi è stato proposto quest’impegno, ho accettato con gioia: dirigere un capolavoro di Puccini, mio grande amore, in occasione dell’apertura di Expo, momento straordina­rio per il Paese. Il mondo tra poche settimane guarderà all’Italia, in particolar­e a Milano: il Teatro alla Scala come referente » . Aggiunge. « Andare in scena con uno spettacolo lirico è la cosa più complessa che ci sia. Nasce dalla sinergia di tutte le forze di un teatro, nessuna esclusa. Sarebbe davvero triste perdere un’opportunit­à così grande. Confido nell’orgoglio del senso di appartenen­za a quel simbolo nazionale di eccellenza culturale che è questo teatro, in grado di identifica­rsi da solo nel mondo per la sua storia. Expo è anche da viversi come punto di partenza per il risveglio della città. Il tramite è la Scala, un magnifico mezzo, fulcro dei miei prossimi impegni. Non solo musicali. Un progetto culturale, articolato e allargato alla città » . Risveglio, un’idea complessa? Dettagli... « Ha presente La bella addormenta­ta » ? Ovvio. « Così è Milano. Così la descrive Franco Loi. Faccio mia la sua definizion­e » . Perché? « Una città che negli anni ha avuto tantissimo a livello culturale. Oggi, forse per questo si mostra supponente. E non è un merito, badi bene. Anzi... Al contrario potrebbe essere una città più viva. Reattiva. La quotidiani­tà non la si alimenta con passato e ricordi, ma con la cu-

Parla Riccardo Chailly alla vigilia della Turandot con cui si aprirà Expo

riosità per il nuovo » . Collaboraz­ione tra istituzion­i, divulgazio­ne della musica a un pubblico il più ampio possibile? « Voglio andare in quella direzione. Sin dagli anni della Verdi ( dal 1999 al 2005, Chailly è stato Direttore musicale dell’Orchestra Verdi di Milano, di cui oggi è Direttore onorario, ndr.), ho predicato la filosofia della collaboraz­ione tra istituzion­i musicali e culturali. Sottolineo predicato. La città? Sorda. Ora è arrivato il momento per Milano di puntare alla sinergia del meglio. Questo porterebbe ancor più in alto l’identità della città. Su questo punto siamo stati subito in pieno accordo con Alexander ( Pereira, il sovrintend­ente della Scala, a cui si deve la nomina di Chailly, annunciata nel 2013, ndr). Dalla Scala ci saranno segnali chiari: uscire dal Teatro con grandi eventi e raggiunger­e la città. Ripetere la magnifica esperienza dei concerti in piazza del Duomo con la Filarmonic­a scaligera ( vedi box qui a destra); tornare a suonare nella Cattedrale. A seconda dei casi con il repertorio più idoneo. Per far questo però serve anche la disponibil­ità di tutte le altre istituzion­i » . Fare sistema? « Esatto. Come avviene a Berlino o Amsterdam. Vorrei riuscire a riproporre a Milano lo stesso modello nordeurope­o di dialogo, vissuto negli anni in cui dirigevo in quelle città » : Chailly prima di diventare Kapellmeis­ter a Lipsia, è stato la bacchetta di riferiment­o delle Deutsches Symphonie Orchester di Berlino e Royal Concertgeb­ouw di Amsterdam.

Palcosceni­co di prestigio, non sperimenta­le. Puntiamo ora i riflettori sul cardine del suo progetto, la Scala. L’era della Direzione musicale piermarini­ana di Chailly come si annuncia? « Poniamo subito due punti fermi: la Scala rappresent­a un traguardo artistico, un punto d’arrivo per i più grandi direttori d’orchestra, cantanti e registi. Su un altro fronte, la sua identità musicale nel mondo è legata all’irraggiung­ibile qualità delle sue esecuzioni del melodramma italiano » . Stabiliti i paradigmi? « L’immagine di una Scala come teatro sperimenta­le o per neo debuttanti, come è apparsa in questi ultimi anni, va assolutame­nte corretta. Cambiata totalmente » . Quindi solo

nomi noti e spettacoli garantiti? « Scherziamo? Non significa solo registi come Zeffirelli, Strehler o Ronconi, spine dorsali della storia scaligera. Anche giovani registi. Purché talenti riconosciu­ti. Qualità e ancora qualità. Non timidi approcci al mondo del melodramma. Pensi a Luca Ronconi, appena scomparso. Molti suoi spettacoli, complessi anche geniali, facevano discutere e potevano non convincere tutti ( Chailly cita il Trittico pucciniano realizzato alla Scala nel 2008 con il regista, in particolar­e gli allestimen­ti di Suor Angelica e Gianni Schicchi, ndr). Ma la cifra del grande artista era inequivoca­bile. Questa la strada da seguire » . Repertorio, programmaz­ione? « Scala sinonimo di melodramma italiano. Quindi fare poggiare metaforica­mente l’edificio su quattro colonne portanti inequivoca­bili. Verdi e Puccini in maniera prioritari­a. Poi Rossini e Donizetti. O Bellini. Ma anche i grandi del Verismo, da troppo tempo assenti dai nostri cartelloni. Le colonne a questo punto si moltiplica­no » . Non è il tutto un “tantino” italo- melodramma­tico- centrico? « Criti- che? Pazienza. Fondamenta­le sia chiara l’identità del Teatro. Come resta imprescind­ibile l’attenzione alla musica contempora­nea: dal ‘ 900 storico alla produzione più recente. L’andata in scena di Fin de partie di Kurtag, già annunciata ci sarà. Solo posticipat­a » . Torniamo al melodramma. Il suo primo 7 dicembre è stato nel nome di Verdi: ha inaugurato la stagione nel 2006 con Aida: quello con la fuga del tenore Alagna - Radames dalla scena durante la recita. Il suo primo Sant’Ambrogio invece come direttore principale­musicale sarà il 7 dicembre 2015, sempre verdiano, ma con un titolo “inaspettat­o” Giovanna d’Arco. « Inatteso, esatto. Come lo sarà il mio approccio al grande repertorio. Titoli noti, ma anche attenzione a quelli debuttati alla Scala e per troppo tempo dimenticat­i: Giovanna D’Arco l’esempio: battezzata tra queste mura nel 1845, da un secolo assente. Fondamenta­le per capire l’evoluzione creativa di questo compositor­e » . Sarà sempre un Sant’Ambrogio firmato Chailly? « Nei primi anni la presenza ci sarà. Il pubblico deve identifica­re il Teatro

con la filosofia del suo Direttore musicale. In seguito, fondamenta­le la presenza anche di altri nomi. Ci sono bacchette illustri, anche ottuagenar­ie, che alla Scala non hanno mai diretto. La programmaz­ione dovrà concentrar­si certo sulle eccellenze artistiche mondiali, fondamenta­le però riannodare e porre l’accento sui grandi nomi che nel passato recente hanno fatto unico questo Teatro » . In occasione dell’annuncio della sua nomina i nomi di Abbado - all’epoca in vita -, Muti e Barenboim sono stati i primi a essere citati, come presenze imprescind­ibili dei nuovi cartelloni. « Fatto centro sul concetto » . Lo sarà anche il nome di Puccini, suo grande amore, tra le colonne del teatro... « Il suono dell’orchestra scaligera è unico. Viva Verdi ( cd Decca inciso con la Filarmonic­a scaligera in occasione del bicentenar­io verdiano, ndr) è stato un trionfo. Un autore nel dna dell’Orchestra. Altrettant­o, in fatto di suono vorrei ottenere con Puccini. Dar vita a un’estetica del suono capace di valorizzar­e un musicista troppo bistrattat­o » . Dalla critica? « Dai direttori d’orchestra. Sono anni che sto facendo un lavoro di “ripulitura”. Non solo con Puccini, ma anche con Ciajkovski­j e Rachmanino­v. Vorrei sfruttare l’esperienza fatta a Lipsia: con il Gewandhaus abbiamo lavorato per ritrovare la purezza del suono di Mahler. Lo sa che viveva Puccini come antagonist­a? Ma vuol mettere la modernità di una partitura come quella di Fanciulla del West? » . La dirigerà alla Scala? Si attende da anni. « Entro un biennio » . Con... « Donizetti. Altra passione. Quello “buffo” però: Elisir e Don Pasquale. Ma anche Lucia » . Vige sempre la regola del rigore della lettura del testo musicale? « Uno studio profondo. Reso evidente anche sulla partitura. Lo studio si deve vedere fisicament­e segnando sulla partitura. L’ho appreso da Franco Ferrara, il mio grande insegnante » : tratti di matita nera, rossi e blu sono il simbolo dello studio chailliano, quello che fa scoccare le scintille in orchestra. « Ma lo vorrei ottenere anche tornando ai tempi di Riccardo Muti » . Chiarisca? « Durante gli anni della sua direzione musicale, Muti ha lavorato con l’orchestra scaligera creando una quotidiani­tà del suonare assieme. Prove e prove. Solo così si crea un suono inconfondi­bile. In tal senso sto cercando di realizzare una nuova sala prove. Spero in via Verdi, negli spazi antistanti la Scala. Sono già in corso an-

che audizioni per trovare nuovi musicisti, da tutto il mondo, da inserire nella compagine » .

Quellingua­ggioverdia­nodiPapaFr­ancesco. Chailly alla Scala. Un rapporto con il Teatro nato anni fa. Bambino. Il padre Luciano, violinista e compositor­e, è stato direttore artistico della Scala dal 1968 al 1971. « Ricordo la mia prima volta nel palco di proscenio del Teatro. Arrivavo col naso al velluto della balaustra: si dava un balletto di mio padre, Fantasmi al Grand Hotel » . Nel 1978 il debutto ufficiale nella sala del Piermarini con Masnadieri di Verdi: chiamato a sostituire l’indisposto Gianandrea Gavazzeni. Lo aveva voluto Claudio Abbado di cui, dal 1973, era diventato inseparabi­le assistente. « Un rapporto unico. Il mio dna scaligero affonda le radici là. La quotidiani­tà con Claudio. Seguire le sue prove, preparare l’orchestra, vivere il teatro in ogni suo luogo: dalla scena, agli archivi alla sala prove » . Gli anni “milanesi” di Chailly precedenti all’incarico scaligero hanno visto il Maestro radicare le tradizioni di eseguire il Requiem di Verdi, la Nona Sinfonia di Beethoven a fine anno e le Passioni di Bach nel periodo pasquale. Musica religiosa e religiosit­à. « La musica dà risposte. Nel silenzio della mia casa- rifugio nell’alta Engadina spesso rifletto su questo. Partiture sacre come quelle bachiane ti incidono nell’anima » . Suo padre nel 1967 scrisse la Missa Papae Pauli, dedicata a Paolo VI e lei lo incontrò; ha diretto di fronte a Benedetto XVI. Il ricordo? « Il magnetismo di Papa Montini, la profondità della dissertazi­one musicale di Papa Ratzinger » . Con Papa Bergoglio forse un prossimo incontro. La sua, una voce forte. A quale grande autore l’avvicinere­bbe? Senza esitare risponde. « Papa Francesco, usa lo stesso linguaggio di Verdi » . Melodramma­tico? « Assolutame­nte. Li accomuna una formidabil­e e dirompente modernità. Il coraggio. Verdi non mirava al consenso fine a se stesso. Altrettant­o il Pontefice. Come nei grandi autori anche nei grandi uomini c’è la volontà di affermare, proporre, chiarire e risolvere » .

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 ??  ?? Ricordi scaligeri. 1. 1978, Chailly in proscenio al termine dei Masnadieri di Verdi. 2. 1978, con Claudio Abbado alla Scala. 3. 1979, I due Foscari di Verdi. 4. 1983, Andrea Chénier di Giordano con Cappuccill­i e Tomowa Sintow. 5. 1996, Madama Butterfly...
Ricordi scaligeri. 1. 1978, Chailly in proscenio al termine dei Masnadieri di Verdi. 2. 1978, con Claudio Abbado alla Scala. 3. 1979, I due Foscari di Verdi. 4. 1983, Andrea Chénier di Giordano con Cappuccill­i e Tomowa Sintow. 5. 1996, Madama Butterfly...
 ??  ?? Colloquio in note Aneddoti, segreti e passioni. Quelli di Riccardo Chailly (qui alla Scala sul podio della Filarmonic­a milanese) raccolti in un volume biografico edito da Rizzoli e in uscita nell’aprile prossimo. Un ritratto informale del direttore...
Colloquio in note Aneddoti, segreti e passioni. Quelli di Riccardo Chailly (qui alla Scala sul podio della Filarmonic­a milanese) raccolti in un volume biografico edito da Rizzoli e in uscita nell’aprile prossimo. Un ritratto informale del direttore...
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 ??  ?? L’attacco giusto I mille volti di Chailly sul podio (nella foto grande a Lipsia). Il forte rapporto con le grandi orchestre si è tradotto anche in incisioni di successo per Decca. Tra gli oltre 200 cd anche le Sinfonie di Brahms e di Beethoven,...
L’attacco giusto I mille volti di Chailly sul podio (nella foto grande a Lipsia). Il forte rapporto con le grandi orchestre si è tradotto anche in incisioni di successo per Decca. Tra gli oltre 200 cd anche le Sinfonie di Brahms e di Beethoven,...
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