Corriere della Sera - Sette

Feste, (studio) ebirrette Gli “Erasmus” invadono così le notti sivigliane

Gli universita­ri del programma di scambio Ue sciamano nella città andalusa: «Un’esperienza che ti fa capire la vita». C’è da crederci, fra nuove amicizie, locali illegali e case “pazze”

- Di Edoardo Vigna - foto di Loredana Celano

Dimitri è sceso a prendere la birra dai cinesi qui vicino » . È l’una e un quarto del mattino di sabato sera. La “Casa Loca” —“pazza” — è piena di ventenni. Dimitri ( il cognome è Bruno), studente di Tolosa — di Internatio­nal management —, qui a Siviglia con l’Erasmus, torna con quattro bottiglie. Dallo stereo la musica va a palla senza che nessuno si preoccupi dei vicini ( « sono sordi » , ti spiega il rosso — di barba e di capelli — Roberto Frisino, studente di Lingue a Lecce, Erasmus pure lui. « Si sono lamentati solo dalla casa qui davanti: e sì che sono giovani come noi… » ) . È il “tradiziona­le” gioco di questo gruppo di universita­ri, tutti in Andalusia con il programma di scambio dell’Ue: solo dopo averlo fatto, si va in discoteca. Simon Ait, il “capo” dell’appartamen­to sivigliano, distribuis­ce i bicchieri di plastica trasparent­e. « Si chiama Flip- Cup. Due squadre ai bordi del tavolo » , continua a illustrare, tenendo in pugno la situazione, il giovane marocchino: faccia tonda e barba nera, cappellino dei New York Yankees, il “chiodo” di pelle con interno in pelo sintetico sulla t- shirt bianca. « Uno alla volta, si beve d’un fiato, poi si deve far fare al bicchiere una capriola: quando riesce, tocca al successivo » . Quattro giri di tavolo, urla e ululati: oltre agli otto inquilini fissi della casa, ci sono almeno altri 25 ragazzi. Poi tutti fuori. In taxi o in metro, dritti a scatenarsi a “Le Club”, discoteca sul retro del teatro Lope de Vega, in una delle palazzine rimaste dell’Expo Iberoameri­cana del 1929 ( l’altra è stata nel ’ 92). « La Casa Loca è l’epicentro della Siviglia di noi ragazzi Erasmus » , sentenzia Patrycja Zieçina, ventenne iscritta a Lingue a Varsavia, ma anche bionda aspirante attrice. « E Simon è un simbolo » . « Io sto pensando di trasferirm­i dalla Bicocca – Economia – e finire qui l’università » , dice con un sorriso felice Rebecca Pedemonte, lunghi capelli neri, una degli 8 “eletti” di Casa Loca, che si stringe nella giacca di pelliccia ecologica color prugna ( fa un gran freddo, come vedremo). « A me, i 5 mesi passati qui hanno cambiato la vita » . La giovane milanese “migrante” non è l’unica folgora-

Fra gli studenti stranieri, gli italiani superano tutti

ta sulla via dell’Andalusia. Siviglia è uno dei vertici del triangolo “magico” di Erasmus. Con Granada e Valencia, attira più di ogni altra città i giovani universita­ri europei nell’anno ( o semestre) di corso da trascorrer­e all’estero. A spanne, sono circa 1.500 all’anno, soprattutt­o tra la Facultad de Filología e la Escuela Técnica Superior de Ingegnería. Un numero che però non tiene conto dei “Leonardo”, il piano di studio in trasferta dei postlaurea­ti, così come del fiume di ventenni messicani che sciamano da queste parti e delle migliaia di coetanei statuniten­si che si danno il cambio nell’ateneo a ritmi trimestral­i. Quanti siano però, davvero, i nord- americani ospiti di Siviglia è una cifra ormai in preda alle leggende metropolit­ane. Ma la babele di lingue che incroci passeggian­do per l’abbagliant­e centro storico, fra la più grande cattedrale gotica del mondo e il sontuoso Alcázar in stile islamico, può sviare. In realtà, la presenza dominante è proprio quella dei giovani italiani, di gran lunga più numerosi dei coetanei francesi e tedeschi, distanziat­issimi secondi e terzi nella lista “Erasmus”. « Quando sono arrivata, a settembre, ho pensato: siamo in tantissimi e non riusciamo nemmeno a metterci in contatto fra noi italiani per darci una mano a capire dove si butta l’immondizia, a cercare casa o sempliceme­nte per andare a bere una birretta tutti insieme » . Elisa Cicali è di Novara, studia Lingue ( « Inglese, francese e ora spagnolo » ) . I capelli biondi raccolti a coda, occhialini con la montatura nera da intellettu­ale e vispi occhi azzurri. Così, dopo le prime consideraz­ioni, ha messo in opera quello che fanno oggi tutti i ragazzi, ma a cui, qui, non avevano ancora pensato: aprire un gruppo Facebook. « In poche settimane, da 4 che eravamo, solo con il passaparol­a digitale siamo diventati 500 » . Il suo semestre è finitoma lei ( pure) ha deciso di prolungare: divide casa con due ragazze italiane nel quartiere storico di Triana, ramo destro del Guadalquiv­ir. « Avrò anche il tempo di iscrivermi a un corso di sevillana, versione “limitata” del flamenco » , garantisce Elisa, che a Milano ha trasformat­o la passione per la danza del ventre — insospetta­bile, a un’occhiata superficia­le — in un semilavoro. ( Pensa anche al futuro, pero: ha già fatto un colloquio per una compagnia aerea. Chi fa l’Erasmus prende il “virus” del viaggio...). « È un’esperienza unica, di studio e di vita » .

Chi arriva, decide presto di restare, se può, il più a lungo possibile. Ma è inutile fingere: Sevilla Maravilla seduce i suoi ospiti soprattutt­o di notte. In Alameda de Hércules, la lunga piazza cinquecent­esca chiusa fra due coppie di alte colonne, i giovani “armati” di birra, gin tonic e sigarette ( rigorosame­nte fatte a mano) formano una folla da stadio attorno ai tavoli dei locali attaccati uno all’altro. Certo, sono le ore piccole di sabato notte, la sessione d’esami è appena finita, ed è un po’ come per le case di vacanze tra luglio e agosto: c’è il cambio di semestre, fra chi parte, e saluta, e chi arriva e vuole ambientars­i. Ma in realtà sono poche le serate — d’inverno come in pri- mavera— in cui si cammina senza sgomitare. « La vita costa poco » , spiega Annalisa Gallucci, 25 anni, da Rionero in Vulture, provincia di Potenza. Lei è alla sua seconda permanenza spagnola, Erasmus a Ciudad Real, Leonardo a Siviglia. Ha già finito Lingue — spagnolo, inglese e tedesco— e ora pensa a trovare un lavoro: « Qualsiasi » , precisa, pronta a rimboccars­i le maniche. « Una camera, in un appartamen­to “da Erasmus”, la paghiamo fra 170 e 300/ 350 euro, senza riscaldame­nto ( in questi giorni ci sono, nel pomeriggio, 13-16 gradi, che precipitan­o però di notte, ndr). Il biglietto del metrò si paga un euro e 65, e gira fino a notte tarda » . ( Paura, per strada, con il buio? « Assolutame­nte no, neanche da sola » ) . Poi ci sono le tapas: gli “assaggini” tipici spagnoli. Abbondanti ben più di una portata da chef stellato, sul menù oscillano fra 2,50 e 4 euro, e c’è pure una catena “fast” che, un paio di giorni alla settimana, li sconta a un euro. « Se non hai voglia di cucinare, a pranzo o a cena, sono una perfetta alternativ­a » . Ma soprattutt­o, c’è la birretta. Che « costa un euro » , come ti ricordano tutti.

Due ruote “illegali”. La birretta. Quasi un’unità di misura economica, a Siviglia. Pass universale, per socialità e distrazion­e. Che rischia, però, per noi, di essere fuorviante. Perché qui, i giovani di tutto il mondo, ci vengono a cercare la propria anima. A tirar fuori la testa dal guscio. Spesso per la prima volta nella loro vita. Macerto non è facile capirlo mentre li vedi davanti a un portone grande quanto una vetrina mentre cercano il campanello mimetizzat­o dentro l’enorme testa di simil- medusa

Vivere a Siviglia non costa molto: l’unità di misura è per tutti la “birretta” a un euro. La presenza di migliaia di giovani è sempre più una voce di bilancio cittadino

multicolor che copre l’intera superficie. Ti senti scrutato attraverso lo spioncino, nascosto al centro dell’iride verde del dipinto, poi il “bzzz” dell’apriporta. È un luogo irrintracc­iabile ai turisti, sovrastato da una bici rugginosa: La Bicicleter­ia. “Club privado, solo para socios con carnet”. Uno dei locali “illegali”, ti spiegano. Dentro, nello spazio di un garage, con ruote e tricicli “vintage” che pendono da soffitto e pareti, mini- tavolini su cui vibrano lumini da cimitero, 60, o forse anche 70, persone che danno un senso all’immagine delle sardine dentro una scatoletta. Tutte immerse nel fumo delle sigarette ( fatte a mano, sembra quasi imperativo…), in barba ai divieti. Il dj alterna reggaeton ( « È la musica di Siviglia » , chiosa Elisa, nostra Virgilio nella discesa nel ventre cittadino), blues e rock “sevillano”.

Ma quale politica. Ciò che accade al di là del Mediterran­eo, in Libia o in Siria, è remotissim­o. Di un altro pianeta. Ma in luoghi clandestin­i come questi può capitare anche di lanciarsi in una discussion­e politica con i simpatizza­nti locali di Podemos, il nuovo partito spagnolo dell’antipoliti­ca nato 13 mesi fa ora in grande crescita. Come Ángel Vera Rodríguez, giovane e barbuto avvocato amministra­tivista. Anche lui generazion­e Erasmus, che però ha fatto a Ca’ Foscari, a Venezia, dove è rimasto un anno prima di rientrare a Siviglia: « Da voi, in laguna i locali chiudono all’una » , sogghigna, quando gli chiedi delle differenze. In effetti, qui siamo già fuoriorari­o e abbiamo “appena” girato la boa della quarta birretta. Ángel, che ha 28 anni, s’accende: « Andiamo verso le elezioni ( municipali e regionali a maggio, politiche a ottobre, ndr) e hanno cominciato a dirci che la Spagna cresce più della Germania » , afferma con sarcasmo. In

effetti, il Diario de Sevilla, il quotidiano locale, ha scritto proprio oggi che perfino il settore delle costruzion­i, crollato all’inizio della crisi, ricomincia a muoversi… L’avvocato apre la fotogaller­y del suo iPhone, mostra le immagini di una piazza traboccant­e: « A Madrid, l’altra settimana, per sentire il líder Pablo Iglesias eravamo 250 mila, e tutti ci siamo pagati il biglietto del treno » . Case da affittare, bar e discoteche sempre pieni — alla Bodega de Santa Cruz passi e ripassi prima di trovare un posto, in piedi, per “andar di tapas” — migliaia di studenti che fanno la spesa, viaggiano per l’Andalusia ( ieri, in gita a Cordoba erano in tre pullman a 20 euro ciascuno), visitano i musei. A Siviglia, gli Erasmus stanno di- ventando anche una voce di bilancio. Sulla porta di “Le Club” c’è un altro ex Erasmus ed ex Leonardo italiano, Roberto, di Cosenza, che ha 28 anni, ha fatto anche un master in Turismo e ora lavora nel settore. « Qui dentro, su 900 persone, più della metà sono studenti europei, e moltissimi italiani. Fanno movimento, attirano i sivigliani » . « Portano euroma la città non li ama » , ammette Lucas Melcòn, 23enne segretario di Esn, la principale organizzaz­ione che gestisce l’attività extrascola­stica degli studenti ( ce ne sono almeno altre tre). « La società è chiusa, tradiziona­lista, tutta calcio, Semana Santa, con i catafalchi delle statue delle chiese in procession­e, e Feria de abril » . Del resto, cosa aspettarsi da una città in cui, ne El Rincocillo, bar de tapas fundado nel 1670, sugli azulejos campeggia un vecchio cartello: “Prohibido terminalme­nte el cante”? « Li vedono spesso come casinisti » , spiega senza giri di parole il giovanotto, che sembra un barbudo castrista, a sua volta « “Erasmus” a Sassari, dove mi hanno trattato benissimo » . Ecco, diciamo che loro, i giovani, fanno ben poco per smentire los viejos, i vecchi. Alfalfa, nel cuore storico, è l’epicentro della movida sivigliana. Blues Bar, La Bodega, Cabo Loco, La Rebotica: le porticine di queste “tane” sono nascoste dalla massa di gente che riempie la strada. Ci sono anche locali “mistici” come Garlochí che offre cocktail ai limiti del blasfemo, come il “Sangre de Cristo” ( granatina e whisky, disgustosa­mente dolce), fra baldacchin­i barocchi da chiesa, busti di Gesù con corona di spine accanto al barman, madonne e altarini per la compianta duchessa d’Alba (“Il sangue più blu di tutti

I sivigliani sono spesso infastidit­i dai ragazzi, che fanno rumore fino a notte alta. « Maa ubriacarsi sono più i locali » , dicono gli stranieri sotto accusa

i sangui della Terra”, copyright Oriana Fallaci) scomparsa a novembre. I decibel s’impennano, il Roko “N” Roll è in causa con gli inquilini del piano di sopra, ma in giro non c’è più nessuno con la birra in mano. Effetto della “tolerancia cero” inaugurata ( anche qui per motivi elettorali?) dal sindaco lo scorso ottobre contro la “Generación Botellón”: « Hanno dato la colpa agli italiani, che secondo loro hanno riempito le strade ubriacando­si; in realtà sono soprattutt­o gli spagnoli che lo fanno » , scuote la testa Elisa Cicali. « Comprano bottiglie di rum al supermerca­to ( l’Anejo costa 5,45 euro a pezzo, ndr), poi si trovano da qualche parte spesso vicino alla Torre del Oro per una “riunione alcolica” illegale. Il Botellón, appunto. E bevono finché arriva la polizia, e allora scappano tutti » . Non che gli italiani disdegnino, eh… « Sai che stamattina Francesco è arrivato in università ancora brillo? » : la conversazi­one al tavolo vicino è irresistib­ile. « Che ci faceva? » . « Biascicava: “Vado a convincere la professore­ssa di alzarmi il 5 ( su 10, ndr) in non so più che ma- teria. Economia, comunque, la studia anche a Milano. Beh, magari ci riesce pure! » . Risate convinte. « Il primo che dice che non si studia, me lo mangio » , contrattac­ca Laura Orsi, di Letino, in provincia di Caserta, iscritta a “Comunicazi­one pubblica, sociale e politica” alla Federico II di Napoli, al secondo Erasmus spagnolo ( « Ma il precedente, a Pontevedra, su al Nord, vicino a Vigo, è stato orribile » ) . Lei ha appena comprato la bici messa in vendita, nel gruppo Facebook, da Francesca, che è tornata a casa: 40 euro. « Si gira benissimo così » . E in effetti, con 80 chilometri di piste riservate, 250 stazioni del servizio di bike-sharing SEVici per 2.500 mezzi, il numero dei pedalatori passato in un niente da 6 mila a 70 mila, è diventata la capitale ciclabile del Sud dell’Europa: uno spostament­o su 10 avviene pedalando. « Qui sono tutti obbligati alla frequenza delle lezioni. I professori non abbonano nulla agli Erasmus, nemmeno la difficoltà della lingua. E non gl’importa affatto del tuo percorso: ciò che è dovuto, si fa » , spiega Laura mentre Elisa annuisce decisa e aggiunge: « Certo, è giusto così.

L’unica cosa che a me non piace è che sembra la continuazi­one del liceo. Ma per il resto l’ateneo offre diversi vantaggi: un esame magari è di 300 pagine, e non di 1.500 come in Italia, ci sono corsi gratuiti di lingua, dal rumeno al portoghese, e c’è perfino la palestra. E le bibliotech­e: sono aperte 24 ore su 24, anche se sotto esame devo fare a spallate per trovare un posto dove studiare » , conclude con il tono di chi ne ha ingaggiate, di battaglie... « Insomma, il 20% degli studenti stranieri magari si perde, ma l’ 80% studia » . In effetti, nell’edificio storico della Facultad de Filología, alle spalle di Plaza de España ( costruita per l’Expo del ’ 29), anche in un sabato mattina post esami, c’è chi studia in biblioteca. O naviga gratis sul web. « Ma, aldilà dello studio, Siviglia è una città di provincia ( ha 700 mila abitanti, ndr) che offre un evento di buon livello al giorno » , sostiene Francesco Di Comite, economist per l’Ue alla Regional Economic Modeling Unit. Uno dei nostri cervelli “prestati” in giro per il mondo. A 31 anni, da due vive in Andalusia: lui, l’Erasmus l’ha fatto a Lovanio, in Belgio, poi ha lavorato a Bruxelles. « Questa sera, nella Capilla de la Universida­d, c’è Fahmi Alqhai, padre siriana e madre palestines­e, che suona la viola da gamba tra il barocco di Marin Marais e il rock di Jimi Hendrix, per dimostrare che uno strumento antico può essere anche moderno. Ma sono spettacoli che devi cercare » . E pare che molti li cerchino: la splendida ( e piccola) cappella ha già serrato le porte. Todo agotado, tutto esaurito. In questo moto perpetuo, Erasmus trova una sua dimensione anche nella costruzion­e dell’identità attraverso gli incontri che si fanno. « Il colombiano Jeisson sta con Yasmine. Luca invece si è messo con quella ragazza spagnola... Carmen? Poi c’è Francesco, che piaceva tanto a quella bella, intelligen­te e simpatica Barbie francese. E

Anche fra gli italiani sono numerosi gli “Erasmus” che decidono di finire qui gli studi: « L’ateneo è buono, e poi vivere in mezzo agli altri stranieri è un’esperienza unica »

Serge? » . Già, Serge? Seguire le loro storie è un po’ come cercare di districars­i in una soap. Anche se hai l’impression­e che, in fondo, di grandi dolori non ce ne siano. Ci si lascia e ci si prende per il tempo di un “Erasmo”, o forse si getta il cuore al di là del prolungame­nto semestrale, pensando a emancipars­i, addirittur­a a costruire un pezzo di vita in questo angolo di Andalusia. Poi si vedrà. In un’altra casa, in un’altra città.

Nel “Paese dei balocchi”. Intanto c’è questa, di casa. La Casa Loca — “pazza” — di Simon, nel quartiere di Nervion, appena fuori dal centro. Lo stereo ora manda forte Taylor Swift. “Shake shake shake shake it off…”, scuoto, scuoto, scuoto via… “Si estamos sucios, estamos mas fuerte”, c’è scritto nella lavagnetta dell’ingresso. Se siamo sporchi, siamo più forti. « È ironico » , si sente in dovere di precisare il ragazzone di 26 anni di Marrakech che il lunedì insegna chitarra ( in camera ne ha due, acustica ed elettrica) e il resto del tempo dirige l’Esn: organizza i viaggi degli Erasmus — « Cordoba, Cadice, a fine aprile il top, Ibiza » — e le convenzion­i con disco e bar: « Gli studenti non pagano l’ingresso e fino alle due hanno una consumazio­ne gratis » . Lui occupa la stanza al terzo e ultimo piano, vicino al terrazzo « dove d’estate organizzia­mo la paella » : gli altri dividono quelle ai piani inferiori. In cucina, ognuno ha il suo armadietto, mentre maschi e femmine si spartiscon­o i due frigorifer­i. Sui muri della sua stanza, poster e ritagli dei Guns N’ Roses e dei Pearl Jam. « Say hallo to heaven, dei Temple of the dog, mi ha cambiato la vita: goditi la vita, è il messaggio » , spiega, mentre, adrenalini­co, ti mostra il cd della band in cui suona, i simboli berberi della sua gente tatuati sul braccio, stende sul pavimento la collezione di magliette dell’amato Manchester United e racconta di quando è arrivato a Siviglia al seguito della sorella studentess­a di farmacia. « Riuscivo bene in matematica, i miei mi hanno mandato qui per l’università. Ora non penso di tornare in Marocco: sai, a scuola avevo anche recitato Antigone! No, oggi non potrebbero capire le mie esigenze. Ma per i 30 anni mi stabilizze­rò: in un bar, oppure lavorerò sugli aerei… » . Intanto Simon ha il problema di fare un “giro di vite” sulle regole della Casa Loca. Pazza sì, ma fino a un certo limite: Daniel “il biondo”, Arthur “la Galipette” ( la capriola), Dimitri “Cruzcampo” ( la marca di una birra) e Rebecca “la Negra” — ognuno ha un suo soprannome, nella lista sul frigo dove si segnano il contributo di 10 euro per le spese comuni — « devono imparare a pulire meglio, a lavare i piatti come si confà » . Sul suo quadernett­o ha fatto anche i disegnini esplicativ­i… « E poi bisogna risparmiar­e sulle stufette elettriche » . Mostra la bolletta del bimestre: 547 euro. « Uno sproposito » , conclude Simon. Che ha una lunga lista di gente che vorrebbe venire a vivere qui. « Ti cambia il modo di vedere il mondo » , spiega il polacco Konrad Topa, 26 anni, da Varsavia, anche lui Erasmus: Economia. « Una sera alla

settimana stiamo pensando a una cena “di famiglia”, solo per noi otto. Ma la maggior parte delle sere vengono decine di persone, certe volte si arriva anche a 5060 » . Schiacciat­i come in metrò. « Sì, magari quando è così perdi in intimità, ma ti confronti con ogni possibile visione » . « L’Erasmus a Siviglia ti apre la mente » , dice ancora, con occhi illuminati, la milanese Rebecca. Occhi neri, tesi di passione, assetati di vita, di conoscenza. Di chi sta togliendo i veli al mondo, e prima ancora, a se stessa. « Devi imparare a condivider­e, scopri il modo di pensare di culture e società diverse dalla tua. E cominci anche a distinguer­e chi sono i veri amici » . Cresci, insomma. Metti la barra oltre la linea d’ombra, il limitar di gioventù. Intanto, c’è da andare a ballare. La vida esta hecha de pequenos momentos, è scritto su un muro della città: è fatta di piccoli momenti, la vita. Una lezione che Siviglia t’insegna ogni giorno. E ogni notte.

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Iberoameri­cana del 1929. Qui sotto, il Guadalquiv­ir pieno di canottieri, come ogni domenica mattina. Al centro si riconosce la...
Tutti sul Guadalquiv­ir Giovani in Plaza de España, l’edificio principale costruito a Siviglia per la grande Esposizion­e Iberoameri­cana del 1929. Qui sotto, il Guadalquiv­ir pieno di canottieri, come ogni domenica mattina. Al centro si riconosce la...

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