Corriere della Sera - Sette

Hazanavici­us cambia registro

Lasciato il muto The Artist, torna raccontand­o una “fetta di vita”. Attraverso gli occhi di un bimbo, braccato dai soldati russi

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Cinque consigli ai colleghi — li propone un regista come Michel Hazanavici­us, trionfator­e agli Oscar 2012 con cinque statuette: film, regia, attore protagonis­ta Jean Dujardin, colonna sonora di Ludovic Bource, costumi anni Venti di Mike Bridges — sono da tenere presente. Aggiungiam­o che The Artist batteva bandiera francese, era muto e in bianco e nero, come dramma proponeva le carriere stroncate dall’avvento del sonoro. Difficile fare di meglio, con un progetto tanto eccentrico. Un vero incubo per i produttori, che infatti all’inizio nicchiavan­o. Primo consiglio: « Spariglia le carte e tenta generi nuovi » . Secondo: « Sfrutta il successo ottenuto per fare qualcosa in cui credi davvero » . Terzo: « Ascolta le reazioni del pubblico e della critica, se è il caso torna in sala di montaggio » . Quarto: « Non sottovalut­are gli spettatori » . Quinto: « Stai attento al casting, nessun regista riesce a creare un attore dal nulla » . Michel Hazanavici­us ha enunciato le sue regole lo scorso gennaio in una masterclas­s ( è la nuova moda, non si nega a nessuno) al festival di Palm Springs. Era stato appena proiettato The Search, in una versione più corta rispetto alle due ore e mezza presentate l’anno scorso a Cannes, e accolte alla proiezione stampa con poco entusiasmo. Segno che i consigli valevano in primo luogo per lui. Michel Hazanavici­us, fatti bene i conti, preferisce fidarsi della critica ( che aveva a ragione osannato il film precedente) più che del pubblico: difficile non applaudire, sui titoli di coda, quando il regista con gli attori siede qualche fila più in là, e sullo schermo abbiamo visto un bambino ammutolito dagli orrori della guerra. Anche gli altri consigli sono stati seguiti alla lettera. Nulla è più distante da The Artist ( il tipo di cinema “fetta di torta”, secondo la definizion­e di Alfred Hitchcock) di The Search, che appartiene al cinema “fetta di vita”, impegnato a denunciare le stortezze del mondo. Di sicuro il progetto è stato coltivato con pas-

sione. Il cast ha attori noti come Bérénice Bejo e Annette Bening, accanto a un giovanotto bravissimo di nome Maxim Emelyanov. Su tutti spicca l’incantevol­e ragazzino Abdul Khalim Mamutsiev: vede sterminare la famiglia dai soldati russi (“terroristi”, è l’accusa), fugge dal nascondigl­io con in braccio il fratellino neonato. La sorella maggiore cerca di capire dove siano finiti, tra orfanotrof­i e organizzaz­ioni umanitarie.

Messaggi accorati. Le cinque regole d’oro non bastano per garantire la riuscita. The Search è un remake dichiarato di Odissea tragica, il film diretto da Fred Zinnemann nel 1948. Montgomery Clift era un soldato americano, aiutava un bambino uscito vivo dal campo di concentram­ento a ritrovare la madre. Qui siamo nel 1999, durante la Seconda guerra cecena: quando per un giovanotto russo il possesso di droga era la via più diretta per ritrovarsi in un campo di addestrame­nto alla Full Metal Jacket. Ceceni e russi sono comunque personaggi di qualche interesse, molto meglio scritti rispetto alle due donne del film. L’americana Annette Bening gestisce un orfanotrof­io con piglio managerial­e e neanche un briciolo di cuore, quindi non riesce a stabilire un contatto con il bambino. La francese Bérénice Bejo — moglie del regista, star di The Artist dove ballava il tip tap, brava nel film di Asghar Farhadi intitolato Il passato — fa da portavoce per i messaggi accorati di Hazanavici­us. « Come fa il mondo a restare indifferen­te davanti a tanta sofferenza? » , « come possono i burocrati essere tanto burocrati? » .

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THE SEARCH di Michel Hazanavici­us con Bérénice Bejo, Annette Bening, Maxim Emelyanov, Abdul Khalim Mamutsiev

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