Da vicino nemmeno Capossela è simpatico
Le polemiche social de Il Cile, cantante pop che adora Vinicio. Al rifiuto di fare insieme un selfie, scatta l’ira dell’aspirante Nek
Imiti non andrebbero mai conosciuti da vicino. Una volta, per esempio, ho incontrato lo Chef Tony: senza la postproduzione non sa nemmeno aprire una busta di risotto Knorr. Giuro. A volte però capita. Li si incontra. Si inciampa nelle loro umane discrasie, lontano dal palco. Ci si delude. Da vicino nessuno è normale, figurarsi simpatico. E poi magari finisce che si scrivono sui social cose così: « Io pensavo che a carnevale ci fosse un simpaticone vestito da Gheddafi, poi sentivo nel parlare una voce a me cara... Cazzo, Vinicio Capossela!!! Io ho tutti i tuoi cd!! Comprati... Mi presento imbarazzato e il primo monito è stato ... Io foto non ne faccio... Io da aretino Vinicio caro sai che ti dico? Ma ti levi dai coglioni !!! » . La punteggiatura è originale, il latore del post si chiama Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, e riscuote un importante consenso dovuto tra le altre cose a: 1) Aver aperto due concerti italiani di Ben Harper; 2) Aver cantato a Sanremo 2014; 3) Aver composto un brano per la fiction Rai Braccialetti Rossi. Ha anche collaborato coi Negrita e gli piace Pupo perché: 1) La sua vita privata è molto rock; 2) È di Arezzo come lui. Davanti a un ( frammento di) curriculum così prestigioso, dovrei ricoprirmi di pece e piume al solo pensiero di voler ascoltare Il Cile solo per sapere se può anche lontanamente permettersi di prendere pubblicamente a pedate quell’autentico artista/ poeta/ funambolo della creatività che risponde al nome di Vinicio Capossela. Sarebbe meschino. E pure pericoloso, ché l’uomo non difetta certo di carattere. Per dire: a chi gli faceva notare che l’essersi scattato un selfie a tradimento col soggetto della sua ira non fosse ‘ sto comportamento così fair, ha risposto: « Fossi in te che cazzo ci fai nella mia pagina? » . Un concetto talmente diretto che nonostante l’assenza del predicato verbale ha subito raggiunto 100 like. Però poi… Allora: l’ultimo lavoro de Il Cile è del 2014. Titolo: In Cile Veritas. L’ho ascoltato. Con tutto il rispetto, pare Nek. Il primo singolo dell’estate scorsa, Sole cuore alta gradazione — ora la ricordo: passava in heavy rotation su Radio2 nel programma di Lillo e Greg, e ogni volta i miei figli mi chiedevano perché — era perfetto alla bisogna. Qualunque essa fosse. Produzione pura. Zero pretese. Tipo i Subsonica coi testi di Valeria Rossi, ecco. Con tutto che la frase « Sono il diavolo del lessico » qualche pretesa ce l’aveva pure, magari, non so, motivata. Il secondo singolo, Sapevi di me, si giocava— si gioca - tutta la sorpresa nel titolo ( il doppio senso ha a che fare con la comunione sentimentale e quella degli umori corporei) e procede tra picchiate di poesia nostalgica da pronta beva ( « Dimmi solo se porti gli occhiali o porti ancora le lenti a contatto » ) e rime che potevano osare di più. Ad esempio il passaggio « Dimmi ancora se Che Guevara è l’unico uomo che ti ispira sesso, se la bandiera della pace l’hai rinchiusa in qualche cassetto » sarebbe stato più efficace sostituendo il cassetto con un luogo più prosaico. L’altro invece, quello che deve levarsi dai coglioni, mi pare abbia cantato « Che coss’è l’amor, è l’indrizzo sul comò, di un posto d’oltremare che è lontano solo prima d’arrivare » . Forse c’era anche nei cd che il Cile ha comprato, e mi suona, parer mio, un filo più alato. Comunque, come i miei 25 lettori sanno bene, io non capisco nulla di musica. Quindi il soggetto di questa mia pseudorecensione non se ne adonterà. Al mondo, non solo quello musicale, c’è posto per tutti. Anche per la musica pop del Cile che infatti ha molti estimatori. E pure per quelli che quando vanno in treno magari non vogliono farsi fotografare. E quindi, forse, meriterebbero modi più urbani. Adiós.