Quanto è pura la batteria di Tullio
Lasciatemi solo, a casa, a fare l’unica cosa che so fare, suonare il piano(...). Lavoro di notte e vado a letto alle sette. Qualche volta, verso le cinque chiamo Battiato. Che a quell’ora è già sveglio e alle sei ha letto tutti i giornali». Da Il libro di Morgan. Io, l’amore, la musica, gli stronzi e Dio (Einaudi Stilelibero, pp. 224, 17,50 euro). Il diavolo si sfoga, in un mix di follie, ricordi, intuizioni geniali: «Quando sei nella merda fai finta di cadere e sono tutti dalla tua parte» (ma in realtà la battuta è stata inventata da Asia Argento agli inizi del loro amore). Nel rock italiano c’è chi rappresenta il diavolo e chi l’acquasanta. Alla geniale follia trasgressiva di Marco Castoldi si contrappone un saggio di straordinaria normalità che emerge nell’autobiografia del grande percussionista Tullio de Piscopo nel libro Tempo! (Hoepli). Commoventi ricordi di infanzia, i primi passi alla batteria, arte e povertà, i tanti incontri artistici, da Sante Palumbo a Luciano Tajoli, da Francoi Cerri a Dado Moroni, da Fabrizio de Andrè a Demetrio Stratos, da Renato Sellani a Carosone, da Billy Cobham a Max Roach, fino alla straordinaria collaborazione con Pino Daniele. Una purezza spirituale e artistica che si è mantenuta negli anni. Lo ricordiamo (accanto a Toni Esposito) con la sua faccia mobilissima che cambia in continuazione, una per i piatti, una per il rullante, una per il tamburo. Una storia affascinante la sua fra ritmo, tempo e una Napoli vitale e creativa.