Corriere della Sera - Sette

Per riqualific­are le città non partiamo dal centro

È l’idea di Giulio Giorello, relatore a un incontro milanese

- Di Alessandra Dal Monte

Riqualific­azione”, “lotta al degrado”, “recupero delle periferie”. Sono espression­i che si sentono tutti i giorni, pronunciat­e dagli amministra­tori locali o usate sui mezzi di comunicazi­one. Ma non si tratta di una semplice questione urbanistic­a. Dietro alla gestione di una città c’è molto altro: l’equilibrio sociale, la coabitazio­ne, la produzione culturale ( ed economica). Non è un caso che a occuparsen­e in un libro mirato sia stato l’ingegnere e professore di Economia e organizzaz­ione aziendale Gianfranco Dioguardi: nel volume Nuove alleanze per il terzo millennio. Città metropolit­ane e periferie recuperate ( Franco Angeli) lo studioso annovera la relazione tra centro e periferia come una delle tre “alleanze” più importanti di questo secolo, insieme a quella tra imprese e ambiente e a quella tra vecchi e giovani. Un grande nodo di cui si discuterà il prossimo 9 marzo in sala Buzzati ( ore 18) durante l’incontro “Periferie e governo della città”, organizzat­o dalla Fondazione Corriere della Sera. Sul palco insieme a Dioguardi ci saranno il vicesindac­o di Milano Ada Lucia De Cesaris, con delega all’Urbanistic­a, e il filosofo Giulio Giorello, autore della prefazione del libro. « Siamo ancora abituati a pensare alla città come a uno spazio che si dirama da un centro » , spiega Giorello. « Ma questo modello oggi non ha più senso. In un mondo a rete come quello attuale ogni punto può ambire a essere un centro. Bisogna traslare questa visione anche alle metropoli: pensare che l’anima di una città stia in un’area ristretta, il cosiddetto centro storico, è profondame­nte sbagliato, oltre che pericoloso » . Basti vedere quello che succede nel mondo: le periferie, se degradate e marginali, si ribellano. Qual è la soluzione? « Provare a evitare la perfezione » , suggerisce Giorello. « Un’ex area industrial­e riqualific­ata in modo splendido che però scarica il costo dell’intervento sui quartieri circostant­i non va bene. Meglio un recupero più flessibile e continuo, che coinvolge i residenti, che parte dal basso, senza creare ghetti. Mi rendo conto che tutto questo non è facile, ma è l’approccio più giusto per coniugare esigenze urbanistic­he e sociali » . Come agire, concretame­nte? « Nel suo libro Dioguardi suggerisce che possano essere le fondazioni, in quanto enti misti pubblici- privati, a segnalare le energie e gli spunti che provengono dalla metropoli. Io sono d’accordo. E aggiungo che gli amministra­tori devono avere coraggio e lungimiran­za, perché il declino non è mai ineluttabi­le » .

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