Per riqualificare le città non partiamo dal centro
È l’idea di Giulio Giorello, relatore a un incontro milanese
Riqualificazione”, “lotta al degrado”, “recupero delle periferie”. Sono espressioni che si sentono tutti i giorni, pronunciate dagli amministratori locali o usate sui mezzi di comunicazione. Ma non si tratta di una semplice questione urbanistica. Dietro alla gestione di una città c’è molto altro: l’equilibrio sociale, la coabitazione, la produzione culturale ( ed economica). Non è un caso che a occuparsene in un libro mirato sia stato l’ingegnere e professore di Economia e organizzazione aziendale Gianfranco Dioguardi: nel volume Nuove alleanze per il terzo millennio. Città metropolitane e periferie recuperate ( Franco Angeli) lo studioso annovera la relazione tra centro e periferia come una delle tre “alleanze” più importanti di questo secolo, insieme a quella tra imprese e ambiente e a quella tra vecchi e giovani. Un grande nodo di cui si discuterà il prossimo 9 marzo in sala Buzzati ( ore 18) durante l’incontro “Periferie e governo della città”, organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera. Sul palco insieme a Dioguardi ci saranno il vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris, con delega all’Urbanistica, e il filosofo Giulio Giorello, autore della prefazione del libro. « Siamo ancora abituati a pensare alla città come a uno spazio che si dirama da un centro » , spiega Giorello. « Ma questo modello oggi non ha più senso. In un mondo a rete come quello attuale ogni punto può ambire a essere un centro. Bisogna traslare questa visione anche alle metropoli: pensare che l’anima di una città stia in un’area ristretta, il cosiddetto centro storico, è profondamente sbagliato, oltre che pericoloso » . Basti vedere quello che succede nel mondo: le periferie, se degradate e marginali, si ribellano. Qual è la soluzione? « Provare a evitare la perfezione » , suggerisce Giorello. « Un’ex area industriale riqualificata in modo splendido che però scarica il costo dell’intervento sui quartieri circostanti non va bene. Meglio un recupero più flessibile e continuo, che coinvolge i residenti, che parte dal basso, senza creare ghetti. Mi rendo conto che tutto questo non è facile, ma è l’approccio più giusto per coniugare esigenze urbanistiche e sociali » . Come agire, concretamente? « Nel suo libro Dioguardi suggerisce che possano essere le fondazioni, in quanto enti misti pubblici- privati, a segnalare le energie e gli spunti che provengono dalla metropoli. Io sono d’accordo. E aggiungo che gli amministratori devono avere coraggio e lungimiranza, perché il declino non è mai ineluttabile » .