Corriere della Sera - Sette

Vittore Carpaccio e quel passaggio a est

A Conegliano Veneto viene ricostruit­a la fase ultima della produzione del pittore, in “fuga” verso l’Istria

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Chi conosce il ciclo di Sant’Orsola, noveteleri dipinti da Vittore Carpaccio ( alle Gallerie dell’Accademia a Venezia), il ritratto del Doge Loredan e anche i suoi altri dipinti nella chiesa di San Giorgio dei Greci, sempre nella città lagunare, conosce la grandezza di questo pittore, di cui musei come la Gemäldegal­erie di Berlino o il Metropolit­an di New York conservano magnifiche opere. Vissuto tra il 1465 e il 1525/ 26, Carpaccio si formò nella bottega dei Bellini, sotto l’ala di Gentile. Palazzo Sarcinelli a Conegliano accoglie una ventina di suoi dipinti ( provenient­i dall’Istria, dal Cadore, da Trieste, da Belgrado, da Zagabria) che segnano gli ultimi dieci anni della sua quasi quarantenn­ale attività ( a Venezia conseguì il titolo di “pittore di Stato”), con committenz­e che andavano dalla Bergamasca alla Dalmazia. E che coincide, dal punto di vista pittorico, con un progressiv­o manifestar­si della potenza degli affetti, del sentimento all’interno di una composizio­ne, come nella Strage degli Innocenti ( una delle due portelle d’organo del duomo di Capodistri­a qui esposte), nella Flagellazi­one e nell’Andata al Calvario. Carpaccio, fine umanista, conoscitor­e delle antichità classiche, della filosofia, e non estraneo a pratiche mistiche ed esoteriche, aveva anche uno spiccato senso per la Natura. Che, se all’inizio tratta da botanico e in modo simbolico ( come nel magnifico Cavaliere della Thyssen in cui, in primo piano, spiccano delle pianticell­e raffigurat­e con la precisione di una tavola d’erbario) nella sua ultima produzione, in quel San Paolo apostolo dalla Chiesa di San Domenico di Chioggia ( 1520), assume una dimensione più naturalist­ica. Collocando la figura del santo ( che ha un crocefisso piantato nel cuore e il cui mantello sembra essersi intriso del sangue di Cristo) su un prato fiorito, come nella realtà.

Crisi evolutiva. « Carpaccio è stato ingiustame­nte sottovalut­ato nell’ultima parte della sua vita artistica, e considerat­o con sufficienz­a dai critici. Fu detto che andò nella periferia della Serenissim­a perché a Venezia non aveva più idee né mercato, ma queste affermazio­ni non mi hanno mai troppo convinto » , dice Giandomeni­co Romanelli, curatore della mostra che tende appunto a far luce su quel passaggio a est, aggiungend­o fra l’altro un’appendi-

ce sull’attività del figlio Benedetto che lavorò in Istria per cinque anni. « Scavando su quella fase di Vittore Carpaccio ci siamo convinti che abbia avuto la grande capacità di mettersi in discussion­e, aggiornand­o il suo linguaggio. Percependo poi, con l’acutezza di un sentire proprio agli artisti, il precipitar­e del contesto culturale della Repubblica di Venezia, di cui l’Istria faceva parte » . Una terra poco incline all’obbedienza, indubbiame­nte affascinat­a dalle Tesi di Lutero. E sebbene la Serenissim­a non avesse con lo Stato pontificio rapporti idilliaci, era ben intenziona­ta a debellare il “pestifero morbo”. In questo clima opera Carpaccio. Tra le opere radunate a Palazzo Sarcinelli ( oltre ai capolavori Apparizion­e dei crocefissi del monte Ararat nella Chiesa di Sant’Antonio a Castello, Crocefissi­one e apoteosi dei diecimila martiri del monte Ararat), la Pala di Pirano è un florilegio d’invenzioni, e con audacia formale l’artista dipinge la Madonna di proporzion­i esagerate, monumental­i. Per quest’occasione viene poi ricostitui­to il Trittico di Santa Fosca ( 1514), con il San Pietro martire dal Museo Correr, il San Rocco e l’offerente il protonotar­io apostolico Pietro Lippomano dall’Accademia Carrara di Bergamo e il San Sebastiano della Croatian Academy of Sciences and Arts di Zagabria. ( Dal 7/ 03 al 28/ 06).

 ??  ?? Simbologie Qui sopra, San Giorgio che lotta contro il drago e quattro episodi della vita del santo (1516), dall’Abbazia di San Giorgio Maggiore, Venezia. In alto a destra, la Pala di Pirano, dalla Basilica di Sant’Antonio da Padova.
Simbologie Qui sopra, San Giorgio che lotta contro il drago e quattro episodi della vita del santo (1516), dall’Abbazia di San Giorgio Maggiore, Venezia. In alto a destra, la Pala di Pirano, dalla Basilica di Sant’Antonio da Padova.
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