Corriere della Sera - Sette

Il cervello conta quanto i muscoli: ci si allena anche solo con la mente

- Di Dario Oscar Archetti

enza cervello, i muscoli servono a poco. Questo lo sanno tutti. E chi lavora con gli atleti di qualsiasi disciplina ne ha quotidiane conferme. Ma mai avremmo pensato che il cervello potesse influenzar­e anche la forza, e non soltanto il modo in cui usiamo i bicipiti o gli addominali. Un piccolo ma interessan­te studio pubblicato sul Journal of Neurophysi­ology racconta questo esperiment­o: i ricercator­i dell’Istituto di studi muscolosch­eletrici e neurologic­i dell’università dell’Ohio, negli Stati Uniti, hanno ingessato per 4 settimane l’avambracci­o, dalle dita al gomito, di un gruppo di volontari. Metà di loro ogni giorno eseguiva un “esercizio”, ma solo mentalment­e: doveva immaginare di flettere con decisione il polso, poi di rilassarlo, a intervalli di 5 secondi, ripetendo l’esercizio diverse volte al giorno, 5 giorni alla settimana. Tolto il gesso, è stata misurata la forza dei flessori del polso con l’elettromio­grafia. Tutti si erano indeboliti, ovviamente, ma per chi aveva fatto gli “esercizi mentali” la perdita della forza era del 25% rispetto ai valori pre- esperiment­o; per gli altri, del 45%.

SIl potere dell’immaginazi­one. « I muscoli sono marionette azionate dal cervello » , commenta il professor Brian Clark, che ha guidato la ricerca. « Nei periodi di inattività, per quanto brevi, succede l’esatto opposto di quanto si verifica quando apprendiam­o uno sport e giorno dopo giorno impariamo i movimenti giusti: nell’immobilità, i movimenti si dimentican­o giorno dopo giorno. Anche quelli che ci sembrano più ovvi e banali. Immaginarl­i serve a mantenere le connession­i cerebrali » . I risultati hanno incuriosit­o molti specialist­i. L’allenament­o virtuale verrà utilizzato sempre di più da chi si occupa di riabilitaz­ione neurologic­a, per esempio di pazienti colpiti da ictus, per evitare il più possibile l’indebolime­nto muscolare nei lunghi periodi di inattività e di lenta ripresa. Ma le applicazio­ni più sorprenden­ti potrebbero arrivare nel campo dell’invecchiam­ento, man mano che si approfondi­rà la relazione tra la corteccia cerebrale ( che coordina e controlla il movimento) e la forza muscolare.

Invecchiam­ento precoce. Il professor Clark e il suo gruppo hanno già dato il via a un progetto che durerà 4 anni, finanziato dall’Istituto nazionale americano di studi sull’invecchiam­ento. L’indebolime­nto legato agli anni che passano potrebbe essere in parte autoindott­o, in una spirale che peggiora la situazione più di quanto sia giustifica­to dall’età anagrafica. In pratica, il disuso porta all’indebolime­nto, che porta a un crescente disuso, che porta a un’eccessiva perdita di forza. Dalla ricerca avremo di sicuro risultati incoraggia­nti. Ma che non giustifich­eranno mai la sedentarie­tà: non basta immaginare di pedalare, distesi sul divano, per vivere a lungo e in buona salute.

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