I neuroni specchio fra scienza e fascinazione
Intervento autorevole su uno dei misteri del nostro cervello
Ciclicamente si parla dei cosiddetti “neuroni a specchio”. I più in modo entusiastico come di una rivoluzione nel campo delle neuroscienze. Alcuni più critici e meno sensazionalisti. Il Sole 24 ore (152-2015), riporta uno spezzone “critico” di Gregory Hickok che, in un suo recente libro Il mito dei neuroni a specchio, però di fatto non pare negarne completamente l’esistenza. E, forse, non potrebbe fare altrimenti in quanto Hickok è uno psicologo cognitivista, ed è quindi costretto a poggiare le sue argomentazioni contro i neuroni a specchio su aspetti comportamentali, ovvero di interfaccia tra il proprio sé e il mondo esterno e così facendo, inevitabilmente, entra nella sfera delle opinioni, seppur scientifiche, sempre opinabili. Luigi Ripamonti (20-2-2015) disserta su Sette e riporta un’affermazione di Giacomo Rizzolatti che fa notare che Hickok «fonda tutte le proprie osservazioni sulla letteratura scientifica “del secolo scorso” sull’argomento». Dimentico, Rizzolatti, che anche le sue “scoperte” sono frutto del secolo passato e possono aver subito l’influsso di tecnologie e misurazioni la cui precisione e replicabilità, secondo alcuni, non è proprio adamantina. Fra questi spicca, in Italia, la critica del prof. Paolo B. Pascolo, cattedratico di Bioingegneria industriale all’Università di Udine che già da un decennio appare molto scettico su quanto rilevato da Rizzolatti. Secondo Pascolo la radice del problema sta nelle misure effettuate nel 1992 dal team di Rizzolatti per caratterizzare o “inventare” i neuroni specchio, come una speciale classe di neuroni. L’apparente concordanza di due registrazioni di “sparo” in due contesti diversi (osservazione-esecuzione), che però non rispettano criteri di sincronismo, è stata alla base dell’entusiasmo circa i neuroni specchio. Pascolo sostiene che, essendo lui un misurista, ha esaminato quelle misure e anche quelle successive, dandone una interpretazione completamente diversa, osservando che non reggono a una ripetizione, se si utilizza un approccio falsificazionista. Non solo, ma nell’ambito di quegli esperimenti, in occasioni temporalmente distanti, si è assistito ad “adattamenti”, anche contraddittori, della teoria al fine di sostenerla... Ripamonti sostiene che la prestigiosa rivista Science avrebbe assunto una posizione “critica” nei confronti di Hickok, dimenticandosi che le riviste, soprattutto se prestigiose, danno spazio a più sfaccettature interpretative, quando non si è ancora di fronte ad una verità assoluta. Infatti, l’altrettanto prestigiosa Nature, nel 2012 aveva dato spazio ad un intervento “critico” di Pascolo, ma per questo non si può sostenere che Nature abbia “bocciato” Rizzolatti. Secondo Pascolo, l’esistenza dei neuroni specchio non è stata documentata. I neuroni comuni invece ci sono, le reti di neuroni anche. Le misure sono solo misure, sostiene Pascolo, non sono autoconsistenti in quanto misure. «Se interagisco con un essere dotato di cervello e ne misuro l’attività corticale, mi dovrei stupire solo di aspetti silenti da parte dei neuroni, non delle naturali risposte neuronali. La correlazione tra attività neuronale e il significato di quella specifica attività è ben altra cosa. Spostandosi sul piano della divulgazione scientifica verrebbe da dire: se osserviamo e comprendiamo il movimento di una scavatrice, è evidente che ci saranno neuroni in attività. Comprendiamo il movimento di un argano? E il movimento di un granchio? Non fa empatia/tenerezza il paguro bernardo? Se simuliamo il movimento di un serpente, verrà naturale utilizzare il braccio muovendolo a “serpentina”. Se si è mancini si userà il braccio sinistro. Se si utilizzassero neuroni specchio ci si dovrebbe stendere a terra e improvvisare movimenti improbabili». La differenza concettuale tra la teoria dei neuroni specchio di Rizzolatti e le osservazioni di Pascolo è sostanziale: un sistema neurologico che genera effetto-specchio non ha bisogno di “Neuroni Specchio”, opera reclutando tutto quello che serve a interpretare, comprendere, eseguire e non deve stupire che gli stessi neuroni siano reclutati in uno o più dei contesti appena citati. Se la caratteristica fondamentale dei neuroni specchio, come dice Hickok, è che scaricano sia quando una scimmia allunga una mano per prendere un oggetto, sia quando vede qualcuno farlo, detta caratteristica è attribuibile esattamente ai common neurons, in quanto, di neuroni specchio non c’è alcuna evidenza di carattere istologico, ma sono stati rilevati solamente in maniera concettuale. Il libro di Hickok merita un plauso per il solo fatto di aver riaperto la discussione. In questo campo non bisognerebbe essere fideisti, ma pragmaticamente dubitativi... — Bruno Zanotti, segretario nazionale
Società Neuroscienze Ospedaliere Risponde Luigi Ripamonti: il prof. Bruno Zanotti contribuisce utilmente al dibattito innescato dal libro di Hickok e sottolinea, giustamente, che ciò che oggi appare incontrovertibile può poi venire smentito nel tempo. Accade continuamente, anche per le teorie più solide e fondanti. Nell’articolo che Sette ha dedicato all’argomento ci si è limitati a cercare di riassumere le tesi di Hickcok, prendendo atto di diverse posizioni sull’argomento, fra cui, ovviamente, quella del diretto interessato, cioè il prof. Rizzolatti, e quella della rivista Science, che è punto di riferimento indiscusso per la comunità scientifica, come lo è Nature. Ma Science aveva dedicato tempestivamente una pagina di recensione a Il mito dei Neuroni Specchio, e sarebbe stato un’omissione imbarazzante non tenerne conto.