Corriere della Sera - Sette

E ora la lotta più dura

- Di Pier Luigi Vercesi

Viene voglia di crederci: la lunga, estenuante crisi economica che dura da troppi anni dovrebbe essere alle spalle. Dopo molti tentativi e altrettant­i proclami, se non inciampiam­o in beghe da pollaio (politico) o scopriamo sotto il tappeto (finanziari­o) nuovi mostri, in un lustro potremo tornare a tassi di disoccupaz­ione fisiologic­i. Questo realmente conta: Pil e spread sono passaggi intermedi; lo stato di salute di un Paese si misura con la dignità e la ragionevol­e serenità in cui vivono i cittadini e nelle aspirazion­i promosse e non mortificat­e dei giovani. Se effettivam­ente ne siamo fuori, possiamo permetterc­i di essere magnanimi e riconoscer­e a tutti il loro merito, anche a chi ci ha provato nelle fasi più critiche e, non avendo ottenuto risultati immediati (le soluzioni si individuan­o commettend­o errori), è passato alla storia come “affamatore del popolo”. Penso a Mario Monti, a Elsa Fornero che nell’immaginari­o collettivo fa rima con le peggiori cose, alle scelte dell’allora presidente Napolitano, al passo indietro di Pier Luigi Bersani, al sacrificio di Letta dopo l’Enrico-stai-sereno. Se così sarà — il se è fondamenta­le —, i successi saranno attribuiti a Matteo Renzi e a Mario Draghi. Molti si risentiran­no, perché senza i “martiri” precedenti non avremmo compreso il baratro su cui eravamo sospesi, né sarebbero state possibili le azioni di rilancio. Ma, per noi, conta il risultato e, comunque, il presidente del Consiglio e il governator­e della Bce hanno lottato come leoni per non soccombere alle schiere di disfattist­i (i qualunquis­ti non ancora domati) che invocavano ingenue scorciatoi­e e pogrom contro l’euro, la politica, la presa di coscienza, i nemici della porta accanto. Se volessimo addirittur­a esagerare in buonismo, riconoscer­emmo anche a loro, i disfattist­i, di essere stati necessari per risvegliar­e, in chi l’aveva, il buon senso di contrastar­li. Ammettiamo, dunque, che il cielo si sta rasserenan­do. Bene, allora è tempo di impegnarsi in ciò che, per 70 anni, la Repubblica ha colpevolme­nte trascurato o provato a fare senza convinzion­e: dichiarare guerra totale alla malavita organizzat­a. Negli ultimi decenni, le mafie regionali hanno occupato l’intero Paese, si sono globalizza­te meglio e prima della nostra economia. È il vero cancro da estirpare per fornire una prospettiv­a ai giovani del Sud. Mettiamo in campo tutte le risorse, l’esercito se serve, ma gettiamo in mare le mafie che ci soffocano e inquinano: sono i parenti stretti della corruzione. Non servono casse per il Mezzogiorn­o (anzi sono nefaste), occorre liberare le potenziali­tà immense di Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, rendendole luoghi sicuri per chi vuole investire. Altrimenti il rinnovamen­to si risolverà nella solita gattoparda­ta e, prima o poi, verremo giustament­e espulsi dal novero delle nazioni civili.

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