Corriere della Sera - Sette

Cose di questo Mondo

Il primo vorrebbe un accordo sul nucleare, l’altro no. Entrambi hanno buone ragioni, ma sarà interessan­te vedere la posizione della Francia

- Di Jean-Marie Colombani

La fine di marzo, prossima scadenza per un eventuale accordo sul nucleare iraniano, si avvicina, e rimette la questione al centro della scena. È bene arrivare a un compromess­o con l’Iran, Paese che cerca di dotarsi di armi nucleari? A riguardo ci sono due opinioni contrastan­ti. Da una parte quella degli Stati Uniti, per i quali è arrivato il momento di rimettere in gioco l’Iran, e quindi sarebbe preferibil­e un accordo poco soddisface­nte piuttosto che un mancato accordo. Dall’altra quella di Israele, che attraverso il suo primo ministro si oppone a qualsiasi forma di accordo, in nome della sicurezza del Paese. La questione ha assunto un risvolto polemico, perché Netanyahu si è concesso il lusso di parlare al Congresso degli Stati Uniti, a maggioranz­a repubblica­na, quegli stessi repubblica­ni cui è da sempre molto vicino. È stato in realtà un contro-discorso: il premier israeliano ha preso le distanze dalla linea ufficiale della politica estera americana, mettendo in guardia sul pericolo di un accordo con l’Iran, e portando a compimento la rottura con Obama. Non sembra molto intelligen­te aizzare l’uno contro l’altro i due poteri statuniten­si, e di certo questa intrusione lascerà degli strascichi. E poi è stata dettata da meri interessi elettorali, perché a fine mese in Israele si vota per il rinnovo della Knesset, e Netanyahu vuole guadagnare punti sui rivali di centrosini­stra. Non bisogna però dimenticar­e che oggi Israele è di fatto accerchiat­o dall’Iran e dai suoi bracci armati, Hezbollah e Hamas. E poi per distrugger­e il Paese sarebbe sufficient­e un solo colpo, una sola bomba atomica. Quindi è una questione di sopravvive­nza. E anche se con il congelamen­to di dieci anni che al momento è sul tavolo delle trattative, un accordo con l’Iran implichere­bbe da parte di Europa e Stati Uniti l’accettazio­ne dello sviluppo di un’infrastrut­tura nucleare che, sul medio termine, può portare alla costruzion­e della bomba. Israele non è il solo a temere l’espansione dell’Iran su tutta la regione: l’Arabia Saudita, che è la maggiore potenza sunnita, è sempre più preoccupat­a, e recentemen­te ha rafforzato i suoi legami con il Pakistan, Paese che ha promesso di aiutare i sauditi a dotarsi di armi nucleari qualora l’Iran riuscisse nel suo intento. È uno degli ostacoli, e di un certo peso, in questo negoziato: il timore che nella regione si assista alla proliferaz­ione delle armi nucleari.

LA MINACCIA ISIS. Dal punto di vista statuniten­se ed europeo, invece, la prospettiv­a a lungo termine suggerisce un riavvicina­mento all’Iran. Certo, la natura del regime, che resta una dittatura religiosa, non facilita in alcun modo il compromess­o, ma la situazione oggettiva sì. Perché se consideria­mo che il pericolo principale è rappresent­ato dall’Isis, e si tiene da conto la manovra d’accerchiam­ento che quest’ultimo minaccia, poiché la conquista della Libia è obiettivo dichiarato del movimento estremista, allora l’Iran torna a essere un alleato naturale. Già è così sul territorio iracheno, che in effetti è sempre più un satellite dell’Iran, e resiste all’Isis soltanto grazie al sostegno dell’esercito di Teheran (ribattezza­to “milizie sciite”). Ma l’Iran sostiene anche al-Assad, e forse in un prossimo futuro l’esplosione dello Yemen. Quindi, da un punto di vista strettamen­te americano ed europeo, si può ritenere che aiutando il partito che in Iran vuole rientrare a far parte dello scacchiere internazio­nale, si contribuis­ce a un’eliminazio­ne più rapida dell’Isis e a stabilizza­re la regione. La discussion­e è certamente complessa e delicata. E sarà interessan­te osservare la posizione che assumerà la Francia. Proprio Hollande l’anno scorso aveva bloccato una prima ipotesi di accordo. Di certo non potrà farlo una seconda volta, ma la Francia si è guadagnata il diritto di avere voce in capitolo nei negoziati. E di certo sul piatto della bilancia metterà anche la sicurezza di Israele.

 ??  ?? Dissensi Il premier israeliano Netanyahu, qui a colloquio con il presidente Usa Obama, ha preso le distanze dalla linea ufficiale della politica estera americana.
Dissensi Il premier israeliano Netanyahu, qui a colloquio con il presidente Usa Obama, ha preso le distanze dalla linea ufficiale della politica estera americana.
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