Corriere della Sera - Sette

«Ho fatto politica e rifiutato l’invito di papa Wojtyla. Basta con i film, voglio solo poter urlare contro il cielo»

- Di Pasquale Elia

Alezione di storia. Molto personale e senza salire in cattedra. Luciano Ligabue compie oggi 55 anni e in questo pacchetto di vita c’è dentro di tutto: successi musicali, certo. Ma anche cinematogr­afici e letterari. Ci sono pure due matrimoni e altrettant­i figli. Però c’è soprattutt­o tanta voglia di suonare, sempre e dovunque. E con la scusa del rock’n’roll si ricomincia proprio oggi da Padova, show d’esordio della nuova tournée italiana nei palazzetti, 22 date in tutto fino ad aprile. Di nuovo on the road con il Mondovisio­ne Tour, dopo l’abbuffata di concerti, prima in giro per lo Stivale, e poi volando dagli Stati Uniti al Brasile, dall’Australia al Giappone. « La cosa strana » , esordisce Ligabue, « è che il mio manager Claudio Maioli non mi aveva mica avvertito che avremmo debuttato il giorno del mio compleanno. E quando gliel’ho fatto notare, lui mi ha guardato un po’ smarrito, poi ha tagliato corto: “Ma sì, dai, tanto ti fa piacere festeggiar­e sul palco” » . Perché Maioli conosce bene il suo amico Luciano, uno che non smetterebb­e mai di continuare a urlare contro il cielo davanti al pubblico. Perciò ad ottobre dell’anno scorso si è caricato ( quasi letteralme­nte) la chitarra sulle spalle e con la band si è imbarcato su un aereo, destinazio­ne verso le “prime volte”. « Ci siamo esibiti sia in club piccoli da 500 persone, sia in teatri da 3.000. E in ogni città è stata una festa. Sono successe cose incredibil­i: noi pensavamo di portare un po’ di felicità agli italiani che vivono lì, e invece ai concerti sono arrivati anche tanti ragazzi di origini locali. A Tokyo, per esempio, si sono presentati un bel po’ di giapponesi, tutti con i loro regalini accuratame­nte confeziona­ti, accompagna­ti da letterine scritte in un italiano perfetto. Hanno iniziato a seguire le canzoni composti, come lo sono nella vita. Ma quando poi hanno visto gli italiani scatenarsi, allora hanno mollato anche loro i freni » . Un tour mondiale, nemmeno lontanamen­te ipotizzabi­le gettando un lungo sguardo al passato, quando nella piccola Correggio un ragazzo di 28 anni, anziché perdere le parole, trovava quelle giuste per trasformar­si lentamente nel rocker che sarebbe riuscito a mettere insieme 180 mila persone per il concerto dei record a Campovolo.

Era il 1988 e stava per vedere la luce il suo primo 45 giri…

« Facevo il ragioniere e avevo cominciato a esibirmi da pochi mesi. Orazero era il gruppo che mi accompagna­va e insieme partecipam­mo a un concorso, in provincia di Reggio, che si

Il rocker Luciano Ligabue oggi compie 55 anni

chiamava Terremoto Rock. Vincemmo e come premio ci venne regalata la possibilit­à di realizzare un disco. Fu così che Bar Mario e Anime in plexiglass uscirono dalla chitarra e finirono sul vinile. E dopo un po’ un’altra iniezione di fiducia: Pierangelo Bertoli decise di inserire Sogni di rock’n’roll in un suo album » .

1989, e la sua stella portafortu­na è ancora Bertoli.

« Vero, perché incise Figlio d’un cane. A quel punto Angelo Carrara, il suo produttore, mi chiamò emi disse: “Voglio vedere se sei capace di gestire in uno studio le tue canzoni”. Gli Orazero si erano già sciolti, perché un paio di loro dicevano che avevano cose un po’ più serie da fare, e allora contattai il batterista Gigi Cavalli Cocchi, uno dei boss della scena locale, e così nacquero i Clan Destino. Con loro registrai quattro canzoni: Balliamo sul mondo, che all’epoca si chiamava Eroi di latta, Bambolina e barracuda, Angelo della nebbia e Urlando contro il cielo » .

L’anno della svolta, 1990.

« A metà gennaio finisco di registrare il primo album, Ligabue, fatto in 20 giorni. Carrara inizia a fare il giro della case discografi­che, ma nessuno lo vuole. Alla Warner invece interessa il disco e mi fanno firmare il contratto. In quei giorni mi lascio convincere a candidarmi per le elezioni e, pur non avendo la tessera di nessun partito, vengo eletto. Un’esperienza che dura l’arco di tre sedute di consiglio comunale. Dopodiché prendo una decisione: mi dimetto. Con la politica attiva non c’entro niente, non fa per me, non ho le caratteris­tiche giuste. Nel frattempo succede una cosa magica: Balliamo sul mondo spopola nelle radio. Diventa un successo immediato. E via via poi tutti gli altri brani vengono trasmessi senza alcuna strategia discografi­ca alle spalle. LaWarner decide di stampare 7.000 copie, a settembre arrivano a quota 150 mila » .

Nel 1991 esce il secondo album, lei si sposa con Donatella e l’Unione Sovietica divorzia dalla sua storia.

« Andiamo per ordine. Lambrusco coltelli rose & popcorn è il fatidico disco per cui o si va o si viene. Per fortuna va benissimo, triplica il successo del primo, anche grazie a Urlando contro il cielo, una canzone che da allora faccio sempre ai concerti. E quell’anno mi sposo pure. La mia ex moglie e io deci-

diamo: ok, cerimonia più che privata. Ma qualcuno fa la soffiata e all’ingresso del municipio troviamo la banda, i petardi e una marea di gente. Sì, una cosa un po’ bizzarra. Il crollo del Pcus? Posso dire quello che successe a me in quella stagione: avevo solo voglia di far circolare cose che erano rimaste nel cassetto da troppo tempo. Raramente una questione politica mi ha fatto venir voglia di scrivere qualcosa di particolar­mente attinente a quel preciso avveniment­o. Piuttosto succede altro: le vicende politiche producono in me indignazio­ne o solidariet­à, ma nelle mie composizio­ni entrano in modo indiretto. Le canzoni non possono essere altro che il riflesso della sensibilit­à di una persona, devono raccontare un sentimento. Un brano non può fare cronaca, se no diventa qualcos’altro » .

1993, soffia la brezza della crisi personale.

« Con l’album Sopravviss­uti e sopravvive­nti arriva l’anno in cui maturo alcune cose su questo mestiere, è un anno di sofferenza. Quel discomi rappresent­ava anche in quella parte cupa, un aspetto dime che dovevo raccontare » .

Silvio Berlusconi vince le elezioni: siamo nel 1994.

« Già, e subito si affrettò a dichiarare: con la mia vittoria le television­i non c’entrano niente. Non potevo credere che si potessero fare affermazio­ni del genere, visto che era chiaro che le tv erano state decisive. Non era mai successo nella storia del nostro Paese che una persona, fino a quel momento lontana dalla politica, nell’arco di pochi mesi diventasse il capo del partito di maggioranz­a relativa. E malgrado stessi vivendo una fase buia della mia vita, mi venne di fare una canzone ironica, A che ora è la fine del mondo?. Sulla musica dei Rem scrissi un testo su quanto effettivam­ente la television­e contasse. Ma soprattutt­o, se veramente fosse sparita la Terra, quanti si sarebbero sentiti liberi di soddisfare finalmente i propri desideri, e quanti invece avrebbero scelto di guardare la diretta televisiva della catastrofe. Insomma, cominciai a prendermi più libertà e a prendere meno sul serio certe cose. Quella canzone andò benissimo. E lì si riaprì la strada, lì compresi che non era già tutto finito » .

1997: Bob Dylan suona per Wojtyła e lei pubblica il primo doppio live, Su e giù da un palco.

« Tanti colleghi aderirono al concerto del Congresso Eucaristic­o di Bologna e non fu facile spiegare al Vaticano che noi quelle cose non le facevamo perché non le facevamo per nessuno. Io non ho mai avallato una figura politica, religiosa o di altro tipo. Per il semplice fatto che non mi piace l’idea di dire a chi mi segue vota per questo o segui quel personaggi­o. Rifiutare però alcuni inviti ha comportato un po’ di incidenti. Perché dire di no ai politici non è sempre facile, e non è stato facile pure dire di no al Vaticano. Anche se per loro era difficile capire questo atteggiame­nto. Dicevano: “Sai, ma questo è il Papa…”. Da tanto tempo non sono più cattolico, però non mi permetto mai di mancare di rispetto a chi segue una fede, di qualunque religione si tratti. E in più aggiungo che non mi risultò per nulla strano che Dylan avesse accettato l’invito, vista anche la sua conversion­e al cattolices­imo » .

Con il film Radiofrecc­ia passa dalle note musicali a quelle di regia, data 1998. Ma è anche l’anno in cui muore Lucio Battisti, un artista che all’epoca divideva.

« Ascoltarlo era un piacere troppo grande per potermi permettere di disquisire se effettivam­ente fosse sufficient­emente di sinistra oppure no. E francament­e era ridicolo anche mettersi lì ad analizzare le sue canzoni da un punto di vista politico. Per me Lucio Battisti resta tuttora un esempio invidiabil­e di canzone popolare di qualità. Nello stesso mese della sua morte, a

« Con A che ora è la fine delmondo? ho cominciato a prendermi più libertà. La canzone fu un successo, così si riaprì la strada »

« Inizio a girare Da zero a dieci a Rimini, in piena estate. Ho il rammarico di non aver gestito come volevo la recitazion­e degli attori. Mi dispiace, però il film era molto complesso, le condizioni erano difficili, e i protagonis­ti erano tanti. Non sono riuscito a rendere credibili i personaggi. Che è il limite di questo film, perché aveva una buona sceneggiat­ura. Ma credo che la produzione sia stata condiziona­ta da un altro aspetto: mio padre si ammalò durante le riprese e morì mentre ero in post- produzione. Tanto c’è finita la vitalità in Radiofrecc­ia grazie alla nascita di mio figlio quanto c’è finito un senso di morte in Da zero a dieci. Credo che questo sia il vero motivo per cui da allora non ho fatto più cinema » .

Comunque queste esperienze le valsero, nel 2009, il ruolo di giurato a Venezia.

« Il presidente era Ang Lee. Un’esperienza fantastica, ma ricordo che ero assediato dai giornalist­i, tutti a chiedermi sin dal primo giorno se vinceva Baarìa di Tornatore… Ma come avrei potuto saperlo? E poi ero un giurato, dovevo mantenere il più totale riserbo » .

Poi di seguito arrivano: il nono album di inediti Arrivederc­i, mostro! ( 2010), il secondo Campovolo ( 120 mila persone nel 2011), il concerto di beneficenz­a Italia Loves Emilia a favore delle popolazion­i colpite dal terremoto e il libro di racconti Il rumore dei baci a vuoto nel 2012. Ma forse è il 2013 che merita un posto speciale nella sua agenda dei ricordi.

« Direi un anno importante: esce Mondovisio­ne, il mio decimo lavoro di inediti. Un album pieno di calore, sei volte disco di platino e cd più venduto di quell’anno. E inoltre mi sposo con Barbara. Non è stata una scelta rapidissim­a, abbiamo convissuto per 10 anni, evidenteme­nte avevo un po’ di resistenze, perché comunque in ogni caso un matrimonio ( il precedente con Donatella, ndr) che finisce in divorzio ti dà una sensazione di fallimento. E allora mi dicevo: perché rivivere quella sensazione lì se dovesse ricapitare? Ma alla fine mi sono convinto che fosse una cosa bella da fare » .

E nel 2015 che succede?

« Che riprendiam­o il tour nei palazzetti e che il 14 aprile facciamo uscire Giro del Mondo, un doppio cd+ dvd live che farà rivivere le emozioni del Mondovisio­ne tour. Nell’album ci saranno anche quattro brani inediti, due ancora da scegliere, e un paio già selezionat­i: C’è sempre una canzone, scritta per Carboni, e A modo tuo già cantata da Elisa. In realtà quest’ultimo pezzo lo avevo composto nel 2004, poco dopo che era nata mia figlia Linda. Decisi però di non inciderla perché feci questo ragionamen­to: vabbè, adesso sta a vedere che ogni volta che mi nasce un figlio deve uscire una canzone. L’ho già fatto per Lenny con Da adesso in poi. Poi mia figlia ha saputo che l’ho scritta per lei e adesso insiste: vuole sentirla cantare da me. Così ci mettiamo in pari » . Venezia viene proiettato Radiofrecc­ia, il mio esordio alla regia. Forse in pochi sanno che mentre stavamo girando nacque prematuram­ente mio figlio Lenny. A quel punto il set si è dovuto fermare per tre giorni, che nel cinema è una sorta di tragedia in termini economici. E nonostante sia un film in cui il protagonis­ta muore a 20 anni per overdose, resto convinto che sia una storia piena di vitalità, anche grazie al fatto che io godevo dell’arrivo di Lenny nella mia vita: secondo me quella gioia è finita in Radiofrecc­ia » .

Dopo tre anni il ritorno sul set.

Pasquale Elia

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Una star tra le star Negli anni Ligabue ha duettato con big italiani e artisti mondiali. 1. Accanto a Francesco de Gregori. I due hanno cantanto insieme una nuova versione di Alice. 2. Premiato da Fernanda Pivano per il libro La neve se ne frega. 3....
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