Voglio una vita spericolata tra ciucci e altalene
Pillole e dolori lasciano spazio a merendine, pupazzetti in plastica, piccole complicità. Nei nipoti i nonni trovano l’elisir di lunga vecchiaia
Giornalista di prima linea, inviato sugl’innumerevoli campi di battaglia del secolo breve, storico e testimone di grandi eventi, Gino Nebiolo ha scritto un reportage, non meno mirabolante e impegnativo, dal fronte della vita quotidiana e della terza età, la più spericolata di tutte. Secondo Peter Pan, che ne parla incrociando la lama con Capitan Uncino, la morte potrebbe essere una grande avventura. Grande, d’accordo, però ultima e definitiva. Avete contato bene le dita? Confessioni semiserie di un nonno alle prime armi, il nuovo libro di Gino Nebiolo, è il diario di bordo della penultima avventura, a sua volta “grande” ma non definitiva: farsi mettere i piedi in testa da uno o più nipoti ( e divertirsi, oltretutto, mentre succede). Può capitare di peggio, d’altra parte, a chi diventa vecchio, come prima o poi impariamo tutti: i campi di bocce, le pillole per dormire, il mal di schiena, le facce annoiate di chi finge d’ascoltarti mentre stai ricordando chissà che affare del passato ( e, peggio di tutto, le sale da ballo per anziani). Nebiolo, classe 1924, ha l’esperienza e l’ironico distacco d’un nonno veterano. Conosce anche lui il segreto che viene svelato soltanto a chi ha seminato un paio di generazioni dietro di sé. Quale segreto? Beh, che un nipotino al quale badare, da accompagnare ai giar- dinetti e da mettere a nanna con una storia di nani e di tesori, un nipotino col quale guardare i cartoni in tivù e collezionare pupazzetti di plastica da edicola, è un Gerovital infallibile. Non esiste altro elisir di lunga vita. Nebiolo svela questo segreto anche a chi tra i suoi lettori non ha ancora l’età per apprezzarlo come merita ( in questo caso leggano il libro, lo mettano da parte, e a tempo debito lo leggano di nuovo). Avete contato bene le dita? è una confidenza in bella lingua, asciutta e divertita. Cronista di rango, storico senza melensaggini, Nebiolo cambia pelle, ruolo e voce narrante per raccontare la storia della sua coppia di nonni con un occhio a Jerome K. Jerome e l’altro a Giovannino Guareschi. Andrea e Cecilia sono due “nonni in barca”, per dire così; e l’intero libro ha il ritmo e la statura d’un corrierino delle famiglie guareschiano, con un tocco qua e là di Bouvard e Pécuchet. C’è la nonna un po’ invasata, i figli condiscendenti, il nonno
sopra le parti, un bambino angelicato.
La barretta che crea un legame. Tutto ruota intorno al mocciosetto, che è prima di tutto un fenomeno della natura, da osservare con stupore: i primi passi, l’ora del sonnellino, il primo dentino e la prima risata, il giocattolo e la merendina preferiti, la prima parola ( « nonno » , qualunque cosa se ne dica in famiglia). Tutto quel che fa il bambino ( Carlos, un nome
Il manuale semiserio di Gino Nebiolo
verdiano, dalla sua opera più monumentale) è interessante: la pappa, la pupù, la nanna. Nemmeno i figli, che « so’ figli » , avevano goduto, ai tempi, d’una tale attenzione. Giovani e frenetici, concentrati per forza di cose sui mutui,i sullell relal zioni sociali, sulle carriere, un padre e una madre, per quanto affettuosi e pieni di premure, non hanno tutto questo tempo per i figli; e bisogna capirli. Altra faccenda i nonni, due generazioni a monte. A differenza dei genitori, che devono lavorare e farsi largo nella vita, i genitori dei genitori, compresi quelli che ancora lavorano e che continuano a farsi largo nella vita perché l’età pensionabile cresce, hanno invece tutto il tempo necessario ( e se non ce l’hanno, lo trovano, nessun disturbo, no problem, anche con un preavviso minimo). Sono mestieri molto diversi, oltretutto: mamma e papà hanno la responsabilità d’educare i bambini, mentre una coppia di nonni ha invece il compito di spupazzarli. Inoltre, mentre una madre o un padre, più spesso di quanto faccia loro piacere, devono punire i bambini, per esempio negando loro l’uso dell’iPad o l’accesso alla tivù, i nonni non soltanto non puniscono mai ( dicesi mai) i nipoti ma non hanno neppure bisogno di farlo. Non sono giudici né poliziotti ma complici dei nipoti. Puro concorso esterno: li spalleggiano in tutte le loro imprese, comprese le più sinistre, dai capricci per non lavarsi i capelli quando sono sotto la doccia alla protesta contro il condimento della pasta dal sapore troppo prepotente o contro la minestra di ver-
de du ure dai colori sospetti. In un mondo ordinato o, dove la legge è eguale per tutti, dovrebbe es ssere negata anche ai nonni, e non soltanto ai nipoti,n la barretta Kinder a fine cena.
me un esercito. Andrea e Cecilia hanno le loroo idee sulle diete adatte ai bambini, sulle fiab be che devono ascoltare ( quelle splatter, terrific canti ma formative, come insegnava Bruno Bett telheim, benché anche Hulk abbia i suoi meri iti) e sulle cure per le loro malattie talvolta vere ma per lo più presunte. Cecilia si circonda dima anuali sul mestiere di nonna e ha le sue idee su tu utto: sulla scuola materna, sui nomi da dare ai bam mbini e su quelli da evitare, sulla violenza ini televisionet l ( ci sono cartoni animati da far impallidire Shining e L’esorcista). Sono idee per lo più sballate, visto che l’educazione dei bambini non è un protocollo da seguire punto per punto ma puro istinto, e come viene viene. Strano, però, è che a Cecilia e Andrea — e in pratica soltanto a loro tra tutti i nonni — la compagnia e la custodia del bambino siano fatte cadere dall’alto. Di solito, novantanove su cento, i nonni moderni sono sempre di guardia, come soldati con lo schioppo a spall’arm davanti all’altare della patria. Per capirlo basta calcolare l’età media delle persone che aspettano i bambini all’uscita delle scuole elementari e materne. O quella degli accompagnatori di bambini al luna park. Nonni dappertutto, un esercito di nonni, legioni di vecchi carampani che dilagano attraverso le città come zingari e « baluba » secondo Matteo Salvini. Soltanto i bambini extracomunitari — che hanno i nonni lontani e irraggiungibili, salvo che via Skype o su FaceTime — sono sempre per mano di mamma o papà. Ci sarà pure un perché se sono i bambini più tristi e immusoniti tra quelli che escono da scuola o giocano a « ce l’hai »
nei giardinetti.