Ong, contadine e ricercatrici, il mondo che gira intorno a una corteccia antitumorale
È una di quelle storie nascoste che ci riguardano da vicino e invece spesso ci passano lontano. Gira intorno a un albero e coinvolge donne come la biochimica Dorothy Niamai, che sta a Nairobi, e Mary Niambura, anche lei in Kenya ma in un villaggio sperduto. La pianta si chiama Prunus africana, ed è un sempreverde che cresce solo a 1.500 metri d’altitudine. Una volta, era una delle principali componenti delle foreste che coprivano un terzo della superficie del Paese. Ma il suo legno, usato per decenni per il fuoco e per costruire capanne, era troppo appetibile per resistere: oggi, solo il 7% di foreste sopravvive, e il Prunus è a rischio estinzione. La sua corteccia, però, è preziosa per produrre medicine, in particolare contro il cancro alla prostata. Ecco quindi che, intorno al Prunus, da decenni lavora una ong locale, il gruppo Green Bel Movement, che dà uno stipendio a donne come Mary per far crescere nuovi germogli. L’obiettivo, comune a Mary e agli altri contadini coinvolti, è la riforestazione. Ma intorno al Prunus gravita pure il lavoro di Dorothy: lei, che ha perso madre e sorella per un tumore, studia per dimostrare che l’estratto della corteccia delle piante coltivate ha le stesse proprietà di quelle “selvatiche”. Una volta provato, la pianta potrebbe essere salvata, e al tempo stesso, prodotta per l’export. Con il doppio effetto di proteggere l’ambiente e creare lavoro.