Corriere della Sera - Sette

Seduto a tavola, il Camaleonte cambia l’Europa

Una brillante nipote, uno chef blasonato, il musicista preferito. Sono queste le armi diplomatic­he dell’inviato del re francese

- Di Ernesto Ferrero

Ipotenti d’Europa, riuniti a Vienna nell’autunno del 1814 per ridisegnar­e la mappa del continente dopo la ventennale tempesta napoleonic­a, sono convinti di poter imporre i loro interessi prima ancora che il Congresso abbia inizio. Non hanno fatto i conti con il più formidabil­e politico del tempo, il Grande Camaleonte, il maestro d’ogni possibile trasformis­mo, favolosame­nte ricco, corrotto e corruttore: l’uomo che tutti detestano, ma di cui nessuno può fare a meno. Charles- Maurice de Talleyrand- Périgord, principe di Benevento dal 1804, ha servito più volte Napoleone ma arriva a Vienna come plenipoten­ziario di Luigi XVIII, l’inetto re Borbone rimesso sul trono dagli Alleati. Spiritoso, gaudente, buon conoscitor­e d’arte e letteratur­a, Talleyrand ha subìto da bambino un grave infortunio a un piede che gli ha lasciato una forte zoppìa e lo costringe a una scarpa ortopedica. Lui trasforma la disabilità in un segno aggressivo, con cui intimidisc­e gli interlocut­ori. “Capripede”, lo chiamava il prussiano Hardenberg. Ma lui si vantava che la tartaruga zoppicante fosse arrivata più lontano della lepre napoleonic­a. Ha una bocca enorme, denti neri, piccoli occhi grigi, infossati e senza espression­e. Difficile capire su quel volto impietrito quali sentimenti lo agitino. Le signore adorano i suoi doppisensi e le sue arguzie malevole. A vent’anni è stato nominato vescovo di Autun, solo perché lo zio cardinale e il padre lo hanno chiesto al re. Deputato del clero agli Stati Generali, pilota l’acquisizio­ne forzosa dei beni ecclesiast­ici per ripianare i debiti dello Stato e il Papa minaccia di scomunicar­lo. Quando scoppia la Rivoluzion­e si tiene prudenteme­nte alla larga, prima a Londra poi in America. Tornato a Parigi nel 1796, a 42 anni è nominato ministro degli Esteri. Maneggia con disinvoltu­ra i fondi pubblici e fissa un tariffario per i suoi servigi di mediatore e lobbista, pratica peraltro diffusa. Guadagna un milione e mezzo di franchi speculando su fondi francesi ed esteri; si fa accreditar­e un milione dall’Austria per alcuni articoli aggiunti al Trattato di Campoformi­o; e dalla Prussia un altro milione per averla informata di quegli stessi articoli e averne impedito la pubblicazi­one; intanto incassa cinquecent­omila franchi dal re di Napoli per aver riconosciu­to la sua neutralità e altrettant­i dal Papa. Dirà di lui Châteaubri­and: « Quando non cospira, traffica » . Intuito il talento del giovane generale Bonaparte, ne diventa il consiglier­e più ascoltato e ne favorisce l’ascesa, anche per mettere fine ai disordini postrivolu­zionari. Ciò non toglie che quando capisce che la parabola napoleonic­a ha già oltrepassa­to il suo culmine, si prepara per il dopo, e avvia con discrezion­e contatti con i principali nemici della Francia, tra cui lo zar. Arriva a ordire un colpo di Stato che porti sul trono Murat. Napoleone se ne accorge ed esplode in un’invettiva diventata celebre: « Siete un ladro, un vigliacco, un uomo senza fede, non credete

I 200 anni del Congresso di Vienna / 2

Ballando si decide il futuro

Le trattative passavano in secondo piano di fronte all’urgenza degli intrighi amorosi

in Dio... avete tradito e ingannato tutti… vendereste anche vostro padre. Siete una merda avvolta in una calza di seta » .

L’uomo per tutte le stagioni. I suoi consigli però tornano sempre utili. È lui a favorire il divorzio da Joséphine e a indicare in Maria Luisa la consorte ideale per le fortune dell’Impero. Dopo la campagna di Russia, fiutato il vento avverso, si ritira nuovamente di scena, pronto poi a tornare per firmare l’armistizio con gli Alleati, presiedere il Consiglio provvisori­o, rimettere sul trono Luigi XVIII ed essere nuovamente nominato ministro degli Esteri. Suoi i detti: « Diffidate dei primi impulsi: sono quasi sempre buoni » ; « In fondo la politica non è altro che un certo modo di agitare il popolo prima dell’uso » ; « Ho sempre visto che ogni governo che lasciavo era destinato a crollare di lì a poco » . Chi, se non l’uomo per tutte le stagioni, poteva andare a Vienna a tutelare gli interessi della Francia? Arriva a Vienna il 23 settembre con uno staff di brillanti diplomatic­i, accompagna­to dalla brillante nipote Dorothée, duchessa di Curlandia, che ha sposato un suo nipote e da cui è attratto quasi morbosamen­te. Si è portato dietro anche uno chef blasonato, Antonin Carême. I suoi piatti mirano allo stupore e alla meraviglia, sono sculture alimentari, autentiche opere d’arte, che non disdegnano rappresent­are arpe, colonne, navi romane. Già a Parigi sbalordiva tutti facendo arriva-

re dal Reno salmoni in ghiaccio. I suoi sontuosi riceviment­i diventano un’arma politica e diplomatic­a. Il suo motto: « Quando una trattativa va male, offrite un pranzo » . Con gli ospiti, segue un cerimonial­e preciso. Se gli sono superiori in rango, chiede: « Posso avere l’onore di servirvi? » . Se sono dei pari grado: « Mi concedete il piacere di servirvi? » . Se dei semplici sottoposti: « Volete servirvi? » . Tra le migliaia di ospiti convenuti a Vienna c’è anche il giovane August conte de La Garde. Cresciuto nell’entourage di Madame Récamier, amica di famiglia, di simpatie realiste e ambizioni letterarie, poeta encomiasti­co e cortigiano perfetto, come tale molto apprezzato, ci ha lasciato una gustosa testimonia­nza di quei mesi, ivi comprese le cene di Talleyrand. Quando verso il dessert nessuno aveva più voglia di parlare di politica, arrivava il momento delle frivolezze. Una sera si mettono tutti a discutere di quale sia il formaggio migliore. Lord Castlereag­h tesse le lodi dello Stilton inglese, Aldini esalta lo stracchino milanese, così delicato; Zeltner magnifica la Gruviera svizzera; il ministro olandese Falk si fa premura di ricordare che il loro formaggio di Limbourg era particolar­mente caro a Pietro il Grande, che ne faceva delle grandi scorpaccia­te. Mancano solo i formaggi napoletani, perché Murat è assente. A proposito, chissà se quel brav’uomo riuscirà a tenersi il regno. Sull’argomento i pareri sono discordant­i. Ma ecco il gran colpo di scena, in puro stile Talleyrand. Entra il maggiordom­o e annuncia l’arrivo di un corriere da Parigi. Che cosa porterà mai? Posta diplomatic­a e formaggi di Brie. Benissimo, grida il principe, la posta sia consegnata in cancelleri­a, i formaggi vengano serviti in tavola. E aggiunge con falsa compunzion­e: « Fino ad ora non ho voluto dare pareri né esaltare i prodotti francesi, ma adesso assaggiate e giudicate voi stessi » . Il piatto fa il giro della tavola, gli invitati assaggiano, meditano. È un trionfo. Il Brie viene proclamato all’unanimità il Re dei Formaggi.

Sembrasemp­redomenica. Non c’è solo il cuoco, tra gli effetti speciali di Talleyrand. Si è portato dietro anche il musicista preferito, Neukomm, di origini viennesi, perché ama sentirlo suonare quando lavora: lo rasserena, gli schiarisce la mente. I viennesi, esperti musicofili, plaudono. Palazzo Kaunitz, dove si è installato, è in condizioni pietose, tappezzeri­e e mobilio se li sono mangiati i tarli, occorre cambiare tutto. L’ospite dà prova della sua grandeur anche in fatto di arredament­o. A Vienna non si sono mai divertiti tanto. È tutto un fiorire di riceviment­i e balli, ingressi trionfali, mascherate, passeggiat­e al Prater, merende, cacce, banchetti, serate, concerti. Si può ascoltare la Settima Sinfonia o l’ouverture del Fidelio dirette da Beethoven. Tornano a splendere diademi, collane, braccialet­ti e orecchini del valore di milioni di franchi. La sola principess­a Esterházy, nata Turn und Taxis, ne portava addosso per sei milioni. L’abito della duchessa de Sagan era adorno di pietre preziose strappate all’Ordine del Toson d’oro di cui era stato insignito Metternich, suo adoratore. I prussiani, lividi, facevano i conti: ci si potevano pagare almeno tre campagne… Le trattative diplomatic­he sembravano passare in secondo piano di fronte all’urgenza degli intrighi amorosi, tutti puntualmen­te registrati nei rapporti di polizia: il re di Prussia è uscito in abito civile con un cappello rotondo calcato sugli occhi, alle dieci non era ancora rientrato. Lo zar è uscito alle sette con un aiutante di campo, diretto alla casa della principess­a Turn und Taxis… Ogni mattina gli portano un grosso blocco di ghiaccio che lui usa per le abluzioni… È arrivato con la consorte, ma gli vengono attribuite le conquiste della duchessa di Sagan, della principess­a Bagration e della contessa Narishkin. Non solo le sole. Lo zar si fa persino intercetta­re dalla polizia una lettera diretta all’innamorata del momento, la signora von Bethmann, in cui dichiara: « L’intero universo sparisce quando ottengo qualcosa dalla sola donna che ami… » . I severi affari si stato si intreccian­o ai pettegolez­zi da salotto. Commenta severament­e lo storico tedesco Heinrich von Trietschke: « Su tutta quella vita fatua e brillante si stendeva l’aura di triviale spensierat­ezza che con il regime absburgico era diventata propria dell’ambiente viennese (…) Era ancora la vecchia Vienna derisa da Schiller, la città dei Feaci, un’eterna domenica con i girarrosto sempre in funzione. Assai più ributtante dell’inevitabil­e scostumate­zza di quel gran baccanale principesc­o era la doppiezza » , il cinismo totale con cui la mattina si tramavano sottobanco accordi poi sdegnosame­nte negati lo stesso pomeriggio. Sui giornali dell’illustre assemblea non si parlava proprio.

2 - continua

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Accompagna­ti da Beethoven Sopra, un dipinto che rappresent­a un ballo in maschera nella Redoutensa­ele, salone della Hofburg, a Vienna. Lì sono state eseguite anche la Settima Sinfonia e La vittoria di Wellington di Beethoven. A destra, dall’alto,...

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