Prof, serve aggiornarsi
Chi insegna si deve abituare a fare lezione in un’altra lingua
Gli insegnanti universitari italiani, di qualsiasi disciplina essi siano, si lamentano dello scarso, se non nullo, bagaglio lessicale, grammaticale e sintattico delle matricole. « Ogni anno è sempre peggio » , è il discorso comune. Idem per gli insegnanti di liceo, a proposito dei ragazzi che arrivano dalla media. « Ma, insomma, non gli hanno dato le basi! » , è la frase che molti genitori, perplessi, si sentono dire dai prof. Gli insegnanti della scuola media, dal canto loro, innalzano le stesse lamentele, accusando la scuola elementare degli stessi peccati. E meno male che gli insegnanti delle scuole elementari non possano prendersela con l’asilo, altrimenti la catena di Sant’Antonio tenderebbe verso l’infinito. Di chi la colpa? Di coloro che, invece che lagnarsi e accusare, non si rimboccano le maniche e non si mettono all’opera per riparare, per quel che sia possibile, i danni. In questo bel clima, in cui l’italiano sta diventando, se non è già diventato, per i nostri ragazzi, la prima lingua straniera ( la loro lingua è quella dei computer e dei telefonini), si inserisce il discorso, iniziato lo scorso numero con la prof di Filosofia e di Scienze Umane Maria Teresa Punzo, a proposito della nota ministeriale sull’avvio in ordinamento di discipline non linguistiche in lingua straniera nelle scuole superiori. Con particolare riferimento all’ultimo anno e « nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente » ( Nota Miur 4969 del 25 luglio 2014). « I docenti delle scuole superiori » , mi spiega Maria Teresa, « dovrebbe- ro avere una preparazione linguistica in una lingua straniera, e il Ministero dovrebbe avere avviato corsi di perfezionamento. E così, in diverse scuole, chi voleva poteva partecipare a corsi di Inglese organizzati a scuola, e chi aveva una preparazione avanzata seguiva dei corsi universitari. Tutto questo a livello di volontariato, e gratis: senza alcun riconoscimento economico per il tempo aggiunto degli insegnanti. Con un numero complessivo di ore non bastevole per insegnare bene una disciplina non linguistica in lingua straniera » .
Se la commissione non capisce. A me sembra un gran pasticcio, le obietto, tanto più che, in quanto tale, la Nota non prescrive ma suggerisce, indica; non si usa mai il verbo dovere, ma potere. « È così » , replica Maria Teresa. « Ora ti spiego cosa succede. Una scuola può elaborare un progetto deliberato dal consiglio di classe, tale che ( ti cito la Nota), all’esame di maturità, facciamo un esempio, per la Filosofia, “il colloquio potrà accertare anche in lingua straniera le competenze disciplinari acquisite, qualora il relativo docente venga a far parte della Commissione di esame in qualità di membro interno” » . E però, sollevo un dubbio, se, mettiamo, tu decidi di insegnare Filosofia in Francese, perché lo conosci bene e la classe ha studiato questa lingua per tutti i cinque anni, e al momento dell’esame nessun altro della Commissione conosce il Francese, cosa diamine succede? Se ne va in fumo tutto il lavoro? Ride e risponde: « Eh, già » .
« Chi voleva poteva partecipare a corsi di inglese. Erano ore in più non pagate »