Corriere della Sera - Sette

Che cosa sta preparando

Francesco Clemente

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«Lavoro in un grande stanzone, nato alla fine dell’800 come elegante showroom, diventato poi fabbrica di cappelli nel dopoguerra e finalmente abbandonat­o negli anni 70. Vi ho vissuto nei primi anni Ottanta, con mia moglie e due figlie, che disegnavan­o lungo il muro. Quando arrivavano a un quadro lo oltrepassa­vano senza toccarlo e riprendeva­no il disegno dall’altro lato», dice l’artista che spesso si trasferisc­e a lavorare in India. «Avrei voluto essere uno scrittore. Adoro creare in una situazione provvisori­a, possibilme­nte la camera dilapidata di un vecchio albergo dimenticat­o e senza clienti, in una qualunque brutta cittadona della provincia indiana». Dove compra i suoi colori? «New York Central. È lì dagli anni di De Kooning. Ma la qualità dei materiali si appiattisc­e». Per la mostra La Sindone e l’impronta dell’arte (a Sansepolcr­o, dal 15/03 al 15/04, a cura di Paparoni) ha scelto di rappresent­are il Velo della Veronica raffiguran­dovi la testa di un capro, quasi un sacrilegio... «Al contrario, l’unica cosa che m’interessa è il Ritorno del Sacro. Un Sacro ovviamente libero da autorità e superstizi­one. Ma chi se ne farà portatore? In che forma ritornerà? Senza il senso del Sacro, la Ragione divora prima il mondo e poi se stessa, come vediamo ogni giorno...».

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