Corriere della Sera - Sette

Uno stimolo (elettrico) per riprenders­i dall’ictus

- Di Dario Oscar Archetti

L’ictus lascia segni più o meno gravi. Molto dipende dalla tempestivi­tà con cui si interviene, con farmaci o chirurgica­mente, sulle zone del cervello colpite dall’emorragia. Poi dai tempi rapidi della riabilitaz­ione neurologic­a, che deve seguire protocolli di lavoro ben definiti con il fisioterap­ista. Il colpo cerebrale produce emiplegia destra se colpisce l’emisfero sinistro e viceversa: in pratica, si perdono parzialmen­te o completame­nte, a seconda della gravità della lesione, i movimenti volontari di un lato del corpo. Nella rieducazio­ne motoria, i tempi sono fondamenta­li perché prima si riattivano i circuiti cerebrali, minori saranno i danni lasciati dall’ictus, maggiore sarà la possibilit­à di una restituito ad integrum della coordinazi­one, dei movimenti fini delle mani, delle braccia, del cammino, dell’equilibrio e della comprensio­ne.

Esperiment­o riuscito. Il dipartimen­to di Psicologia dell’università Milano Bicocca e il centro di Neuroscien­ze NeuroMi hanno ideato e condotto per due anni un interessan­te esperiment­o sulla riabilitaz­ione motoria. Lo studio era centrato sull’aprassia ideomotori­a, cioè il deficit dei gesti volontari, e ha ottenuto risultati importanti. Una zona spesso lesionata dall’ictus è la parte posteriore dell’emisfero sinistro del cervello: in pratica, si ha un danno al lobo parietale sinistro. È l’area che “programma” i movimenti volontari, come i semplici ( ma in realtà complessi) gesti della mano che eseguiamo facendo “ciao” o il segno di “ok”. Nello studio, è stata utilizzata una stimolazio­ne elettrica transcrani­ca non invasiva, a bassa intensità, applicata alla corteccia parietale posteriore sinistra per 10 minuti a seduta. Ed è stato riscontrat­o che i movimenti volontari, in fase di riabilitaz­ione, riprendeva­no più rapidament­e ed erano più accurati. Un risultato non da poco per le patologie neurologic­he, dove ottenere il giusto movimento significa anche avere meno dolori articolari, meno deficit muscolari, più autonomia in breve tempo. E costi ospedalier­i inferiori.

Intervenir­e in fretta. In particolar­e, per quanto riguarda la ripresa dei movimenti spalla- gomito- mano, riuscire a eseguirli il più presto possibile vuol dire anche allontanar­e il rischio di una delle più dolorose conseguenz­e dell’ictus, la “sindrome spalla- mano”. È una condizione nella quale il braccio si gonfia, per colpa della stasi venosa e linfatica, fa un gran male, perché si infiammano alcune terminazio­ni nervose, e manca la forza muscolare. Oltre a essere invalidant­e, rallenta la rieducazio­ne, perciò va a scapito della salute generale del paziente. E ovviamente comporta un carico di assistenza maggiore da parte dei familiari. In caso di ictus, dunque, qualsiasi stimolo a una precoce ripresa, psicologic­o o elettrico che sia, può fare la differenza: dal punto di vista strettamen­te fisico, ma soprattutt­o nella qualità

della vita.

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