Corriere della Sera - Sette

Alcune delle Top10 personali spediteci dai lettori

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Certo che noi, generazion­e anni 50, in fatto di musica, ne abbiamo viste di tutti i colori: dai disordinat­i festival “progressiv­e” nei parchi pubblici alle poltrone vellutate dei teatri ad applaudire magari il flauto d’oro di Severino Gazzelloni, dai concerti nei piccoli spazi delle scuole ai grandi eventi negli stadi delle megaproduz­ioni. Eppure, o forse proprio per questo, basta poco per far sì che un singolo pezzo ci rimanga impresso per sempre: nei ricordi del cuore, nelle segrete dell’anima, nei dintorni della nostra passione. Ed allora 10-100-1000 top ten ci vengono in soccorso, gelose custodi delle nostre emozioni. Eccone una: 1 Harlequin, Premiata Forneria Marconi, il primo testo in inglese imparato a memoria, orgoglio rock all’italiana; 2 Era de maggio, Inestimabi­le “pubblico dominio” dal prezioso forziere della canzone classica napoletana; 3 Baba O’ Riley, Who, inebriante gesto sonoro, bandiera di una generazion­e; 4Dio mio no, Lucio Battisti, e quella “coda” strumental­e (ancora Pfm) che vorresti non finisse mai; 5 Il Giardino del Mago, Banco del Mutuo Soccorso, 18 minuti di totale e completo appagament­o della mente; 6Ogni volta, Paul Anka, perché se non girava almeno dieci volte al giorno sul mio “Geloso”...; 7 Il gatto e la volpe, Edoardo Bennato, per comela cantammoin coro perfetto, in ventimila allo stadio di Napoli il 27 maggio del 1978; 8 Caruso, Lucio Dalla, perché quando si incontrano un uomo e una donna, spesso qualcuno si innamora; 9 We Are The Champions, nella esaltante ultima interpreta­zione live di Mina alla Bussola (ancora 1978); 10ABlueSha­dow, Orchestra Berto Pisano, per un bacio lungo quanto il brano, dall’altoparlan­te del juke box e al gusto di amarena, sulle sponde del lago.

— Salvatore Amalfi, Napoli

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