Va bene avvocata e pompiera, ma state attente
È giusto combattere il sessismo linguistico però la lingua è materia viva, dominata più dall’uso che dalle regole
Può darsi che un giorno nella lingua italiana si dirà avvocata, ingegnera, rettora, pompiera e così via, ma questi termini non si possono disporre dall’alto. La lingua non funziona così, non è un sistema rigido, è materia viva e oscillante, dominata più dall’uso che dalle regole. La variazione delle parole dipende da tanti motivi: dal contesto ( situazione, relazioni, interlocutore, ecc.), dallo spazio ( area geografica di provenienza di chi parla), dal mezzo ( conversazione faccia a faccia, telefono, lettera, mail, chat) e da altro ancora. Quando il fascismo ha tentato di disciplinare l’intero repertorio linguistico italiano, non limitandosi al controllo della lingua nazionale ( sua diffusione, insegnamento, uso) ma ingerendosi nelle parlate dialettali, in quelle dei territori alloglotti ( Alto Adige e Venezia Giulia), e infine contrastando i prestiti da lingue straniere, ha mostrato tutta la sua pochezza culturale. Come ci ha insegnato George Orwell in 1984, ogni neolingua ( Newspeak) ha un fondo ideologico che tende a « restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero » . Per questo, benché si possano condividere le “buone intenzioni” della presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, che ha inviato a tutti i deputati una lettera per invitarli a rispettare la parità di genere linguistica quando parlano di deputate e ministre donne, evitando di riferirsi a loro con titoli maschili, si fa molta fatica a condividerne il tono prescrittivo. Certo, esiste un sessismo storico nella lingua italiana difficile da sradicare ( anche perché la lingua italiana, rispetto al latino, ha perso il genere neutro, che avrebbe risolto un mucchio di problemi), ma, per esempio, se al posto di “uomo di strada” ( per indicare l’uomo comune, l’ordinary man) metto “donna di strada” non basta il cambiamento di genere per fare igiene linguistica. C’è il rischio di creare equivoci e imbarazzi.
EFFETTO PERVERSO. Come aveva dimostrato Stefano Bartezzaghi nel suo libro Non se ne può più, bisogna stare attenti a declinare alcuni nomi dal maschile al femminile, perché l’effetto è spesso perverso ( un cortigiano, un massaggiatore, un uomo facile, un cubista, un passeggiatore, un maiale, un uomo di vita, un mercenario, e così via). Forse è più ragionevole rispettare sempre un uso già consolidato, perché la lingua è un organismo vivo, non cristallizzato in una norma astratta lontana dalla realtà: cambia lentamente, secondo gli usi e i costumi. Come sostiene Gian Luigi Beccaria, « il grande giudice della lingua è l’uso ( o “magistrato alle acque”), lento e levigante » . È giusto combattere il sessismo linguistico, ma bisogna stare anche attenti al carattere prescrittivo ( totalitarismo democratico?) che procede negando la realtà, cioè il fatto linguistico, e dando tutto il potere a formule “astratte” che deformano in modo anche grottesco ciò che nel sentire comune non è.