Un bimbo sdraiato sull’erba immagina la vita futura
Un cielo azzurro chiazzato di nuvole. È la soggettiva di un bimbo di sei anni che è sdraiato sull’erba del suo giardino. Ha il braccio proteso lungo la testa e l’aria serafica, quasi disincantata nonostante la giovane età. Guarda sopra di sé ed immagina la sua vita, trascinato di casa in casa, di famiglia in famiglia, sballottato da una madre sola e troppo carica di responsabilità. Osserva il suo corpo e quello di sua sorella crescere miracolosamente, sospinti dal passare del tempo, e i capelli di suo padre incanutirsi in cerca della maturità necessaria per essere un buon genitore. Non sorride il bimbo; si gode il pallido sole, consapevole che la vita va avanti a tentativi, con patrigni violenti e ubriaconi lasciati alle spalle. Pensa alle case da cui dovrà traslocare, agli oggetti cari che dovrà abbandonare lungo il suo tragitto o forse a dove nascono le api: come gocce d’acqua che, cadendo dal cielo, diventano insetti ronzanti. Ci meraviglia l’aria serena del suo volto. La macchina da presa è immobile, su di lui, come incapace di staccarsi dalla sua presenza, incuriosita dal suo esistere, desiderosa di vederlo crescere, cambiare, allontanarsi dal nido materno, spiccare il volo verso le insicurezze della vita e dell’amore che la governa. È il richiamo sbrigativo di sua madre che lo desta, per intraprendere un viaggio vero, lontano dal cinema e vicino alla verità.