Il bozzetto dei Giganti finalmente da vedere
La scorsa settimana mancava l’immagine del dipinto preparatorio di una grande tela di Guido Reni. Eccola, con un’altra ipotesi
La settimana scorsa è apparsa tra le “Scoperte e rivelazioni” la nitida immagine della grande tela di Guido Reni per un soffitto di Casa Isolani a Bologna, oggi conservata in Palazzo Mosca a Pesaro, tra le opere dell’eredità di Gioacchino Rossini, provenienti dalla collezione Hercolani. Chiunque può vedere ora il bel dipinto nella mostra Da Cimabue a Morandi a Palazzo Fava, a Bologna. Ma la scoperta non poteva essere quella magnifica testimonianza, nota, dell’ultimo periodo di Guido Reni, quando il sublime artista abbandona forma e materia per dipingere essenze, con una stesura del colore impalpabile, un sublime “non finito” che sembra anticipare quello degli ultimi anni di Giorgio Morandi, in nature morte e paesaggi, che sono anima delle cose e della natura. In realtà, le mie considerazioni facevano riferimento a un bozzetto, monumentale negli effetti, benché ovviamente di piccole dimensioni ( olio su tela, 46,5 x 56,5 cm.), apparso in tempi recenti e da me riconosciuto come uno dei numerosi disegni e abbozzi che Carlo Cesare Malvasia ricorda in casa Hercolani, in particolare “un altro pensiero de’ Giganti fulminati, disegnati in tela di chiaroscuro ad olio”. Il ritrovamento ci consente di mettere a confronto il mirabile bozzetto con la tela finita ( benché “non finita”), e un’ulteriore opportunità: vedere in dimensioni più grandi la tela più piccola, e viceversa. Così che potrà apparire evidente la continuità dell’esecuzione del bozzetto nella straordinaria libertà dell’opera definitiva. Il trasferimento dalla prima idea all’opera compiuta non prevede sostanzialmente una variazione esecutiva. Guido Reni dipinge l’opera grande nello spirito del bozzetto. Ma la singolare circostanza ci stimola a un ulteriore approfondimento e a una puntualizzazione. A conferma della sua modernità, il dipinto, sulla scorta di una antica etichetta con la scritta “bozzetto Gandolfi”, era stato riferito al grande pittore bolognese Gaetano Gandolfi che avrebbe, con ciò, reso un omaggio “in stile” al primo pittore del Seicento bolognese. Anche in tal caso ( e lo si può seriamente considerare), il ritrovamento apparirebbe straordinario, indicando una sorprendente affinità spirituale nell’interpretazione, che è fedele alla pittura di Guido Reni prima nello spirito che nella pittura. È chiaro che un’esecuzione così veloce sembrerebbe più conveniente a un artista del Settecento. Ma è altrettanto vero che è anche questa la impressionante novità dell’ultimo tempo di Guido Reni: una informale trasparenza, senza tempo, che lo assimila a Morandi come a Gandolfi. Il riferimento a quest’ultimo, come un velocissimo e intensissimo d’après, non cambia la sostanza della scoperta, facendoci pensare che, a un livello di qualità così alta e nel medesimo gusto per una stesura di impressione, le differenze appaiono impercettibili e “impalpabili”. Con una tale pittura, nessun gigante cade. Gaetano Gandolfi respirava la stessa aria, nelle stesse nebbie, di Guido Reni, e un suo libero e ammirato omaggio al grande maestro bolognese ha un significato straordinario.