ARTE E CINEMA COME CASUALITÀ
Gergely Barki, storico dell’arte ungherese, guarda Stuart Little con il figlioletto e un dettaglio colpisce la sua attenzione: in una scena vede un quadro raffigurante una donna addormentata su un divano. S’intitola Donna che dorme con vaso nero. È un’opera dispersa da decenni dell’artista ungherese Róbert Berény, che lo studioso ha visto solo sui libri. Così scrive allo scenografo del film, il fratello di Melanie Griffith, il quale gli risponde di averla comprata da un antiquario di Pasadena per la cifra irrisoria di 40 dollari. Il quadro è stato da poco rivenduto in un’asta a Budapest per 227.243 euro a un acquirente rimasto anonimo.
ARTE: GRANDE RICCHEZZA E GRANDE BELLEZZA
Ci sono registi che raccontano l’arte solo come bene materiale, incapace di dare emozioni: vedi Welles e il suo Charles Foster Kane, il protagonista di Quarto Potere, che riempie i magazzini di quadri e statue solo per avidità. Altri invece, come George Clooney, vedono le opere artistiche come qualcosa da difendere anche a costo della vita, per non perdere la propria umanità, come nel film The Monuments Men. Poi c’è un approccio più cupo e pessimistico che relega l’arte alla visione ravvicinata, immeritata, di pochi eletti: come la visita notturna a La Fornarina di Raffaello, ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino.
ARTE COME ISPIRAZIONE E CITAZIONE
Molto spesso l’arte entra nei film attraverso il ricordo del regista, che ha impresso nella memoria un quadro e che non può fare a meno di richiamarlo in vita nelle inquadrature della sua opera. Pensate a quanti cineasti sono stati ispirati da nottambuli di Edward Hopper, il famoso quadro che mostra 4 figure all’interno di un bar. Un’opera che comunica un senso di solitudine universale, d’inutilità della
Ivita e che è stata citata nel cinema di autori come Wenders ( Crimini invisibili), Scorsese ( Fuori orario), Jarmusch ( Down by Law), Argento ( Profondo Rosso), Ridley Scott ( Blade Runner). Anche il vincitore del Leone d’oro di quest’anno, Un piccione seduto sul ramo riflette sull’esistenza, prende spunto già nel titolo dal quadro I cacciatori nella neve di Pieter Bruegel il Vecchio. Il film sembra un viaggio tragicomico all’interno di una galleria d’arte con opere viventi che si rifanno a van Gogh, a Otto Dix e a Georg Scholz.
ARTE COME CARNE VIVA
In ultimo, La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, in cui le opere d’arte diventano carne viva e pulsante. Quando il battitore d’aste, Virgil Oldman, apre la porta della sua alcova dove ad aspettarlo ci sono le donne dipinte da Raffaello, Tiziano, Veneziano, Dürer e molti altri, ne percepiamo il respiro, il fremere della carne. Il regista premio Oscar va ancora oltre nella scena in cui il protagonista poggia un ritratto di fanciulla a capotavola, per tenergli compagnia durante la cena. Il quadro è citato come opera di Boris Grigoriev, ma in realtà è un falso che prende spunto dal dipinto che il pittore russo aveva fatto a suo figlio. Tornatore lo fa realizzare in modo che raffiguri una giovane seduta su una sedia della cucina: un vero personaggio in presenza del protagonista. L’arte, una tela, che diventa attrice in carne ed ossa capace di dare un palpito vitale ad un uomo vinto dalla solitudine.