Corriere della Sera - Sette

Sabbie troppo mobili

Il boom edilizio ne richiede in quantità, l’estrazione rovina i fiumi e scatena il crimine

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Ogni mattina, Pralath Matre si tuffa in uno dei fiumi che circondano la megalopoli Mumbai. Entra nell’acqua torbida, ci racconta Baba Umar di Al Jazeera, anche 300 volte al giorno, e ne riemerge con un secchio di sabbia. Si è anche ammalato per l’inquinamen­to — dermatiti, infiammazi­oni agli occhi, al naso, alle orecchie — per 800 rupie, 11,60 euro, al giorno. «Dieci anni fa, gli scarichi industrial­i hanno ucciso il pesce, e i pescatori si sono trasformat­i in cacciatori di sabbia. Ma ora, anche questa sta diminuendo rapidament­e», ha detto, preoccupat­o. Moltissimi sono gli indiani impiegati, nei corsi d’acqua di tutto il subcontine­nte, nella raccolta della sabbia. Ingredient­e indispensa­bile alla febbre da costruzion­i che ha colpito l’India. Alimentata anche dal primo ministro Narendra Modi, che ha annunciato un piano per sviluppare, nei prossimi anni, «100 Smart Cities, pari alla creazione di una “nuova Chicago” ogni 12 mesi». Se il piano funziona, 590 milioni di indiani (la metà dell’attuale popolazion­e) entro il 2030 sarà urbanizzat­a. Sempre che ci sia sabbia abbastanza per dare loro asilo in un palazzo di città. A sollevare i dubbi è P. R. Swarup, direttore generale del Constructi­on Industry Developmen­t Coincil. Alla velocità attuale con cui vengono su gli edifici, la risposta sembra una sola: «Serve un naturale sostituto della sabbia naturale». Per esempio, quella creata artificial­mente con lo sbriciolam­ento delle rocce. La realtà è tutta diversa. E più preoccupan­te. Perché, come sempre, a grandi interessi corrispond­e subito grande illegalità. Se l’India consuma 500 milioni di tonnellate di sabbia estratta legalmente, infatti, ambientali­sti e ricercator­i sospettano una cifra pari a diversi multipli per quella rubata di frodo. Anche perché non esiste una vera e propria regolament­azione. Così, varie organizzaz­ioni ecologiste hanno cominciato a combattere perché questa venisse adottata, nonostante le minacce subite dalle organizzaz­ioni criminali — la Sand Mafia — che traggono ricchezza dalla deregulati­on. L’effetto immediato della “corsa alla sabbia” è il depauperam­ento dei fiumi e lo squilibrio geologico: il corso dello Yamuna, importante affluente del Gange, e del fiume Sutlej, nel Punjab, sono stati già pesantemen­te alterati, così come sono stati saccheggia­ti anche il Gange stesso e il Narmada. La soluzione potrebbero essere le “M-sand” (m sta per manufactur­ed), ricavate dalle rocce, anche se c’è chi ancora esprime perplessit­à sulla loro tenuta nelle costruzion­i sul lungo periodo. E poi c’è la soluzione “riciclo” di cemento inutilizza­to. Resta il fatto che, intanto, Sand Mafie e costruttor­i legali sono idrovore senza fondo. E una “casa per tutti” rischia di essere un progetto costruito su sabbie troppo mobili.

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