Corriere della Sera - Sette

Il bello dei colori? L’arbitrarie­tà

Una serata dedicata al cromatismo nell’antropolog­ia

- Di Peppe Aquaro

Che cosa accadrà nel corso dell’incontro? Magari, si assisterà a una delle prime conferenze in alta definizion­e » . Scherza, l’antropolog­o Marco Aime, ospite del terzo appuntamen­to milanese, nella sala Buzzati del Corriere della Sera, dedicato a “Colore e… Culture”. Dopo l’arte e la politica, il prossimo 24 marzo, dalle 18, toccherà alla scienza, che più di tutte studia l’uomo, vedersela con i colori. Il titolo della serata — a cura della Fondazione Corriere della Sera — è infatti: “Il cromatismo nell’antropolog­ia”.

NERO BIFRONTE. « Partirei da una consideraz­ione: sebbene abbiamo tutti, dal punto di vista ottico, la stessa percezione dei colori, ciò che cambia è il modo in cui, culturalme­nte, li classifich­iamo » , spiega Aime, docente di antropolog­ia culturale all’università di Genova. « E ciò accade sia nel significat­o che diamo a ciascun colore, sia nella suddivisio­ne cromatica: la celebre scala di Newton, per intenderci » , aggiunge. In realtà, non esisterebb­ero classifich­e certe. « Il bello dei colori — e del nostro rapporto con essi — è l’arbitrarie­tà: basti pensare a come i colori, determinat­i rossi o gialli siano mutati nel corso del tempo a seconda delle società » . Il nero è forse l’esempio più esplicativ­o. « Esatto. Se per noi è un colore legato a un significat­o di lutto, tristezza e negatività, in altre culture, come quella giapponese, le cose cambiano e, al posto del nero, troviamo tranquilla­mente il bianco » , osserva lo studioso. Esistono, poi, delle evoluzioni all’interno delle stesse società. « Pensiamo al blu, che al tempo dell’Impero romano simboleggi­ava il colore dei barbari — era, per esempio, il colore degli occhi delle schiave e delle prostitute — dal Medioevo, invece, con l’introduzio­ne del cielo azzurro in pittura, lo stesso blu è il colore del sacro, del velo della Madonna, ed è subito tra i più utilizzati in Europa » , racconta l’antropolog­o. Ma se la parola d’ordine fosse provare a non assolutizz­are i colori, di fronte al bianco bisognereb­be cercare d’essere “più comprensiv­i”. « In quanto rappresent­a il non colore per eccellenza. E per ignoranza » . In che senso, professore? « Oggi, lo sappiamo, è sinonimo di festa e purezza, trasmette una idea di verginità, ma se non ci fosse stata la scrittura, col bianco saremmo sempre nel territorio dei non colori: il nero dell’inchiostro sul bianco è stata, diciamolo pure, la sua salvezza » , conclude Aime, il cui colore preferito è il rosso. Da sempre. Il motivo? Ha giurato di svelarcelo martedì prossimo. Ingresso libero. Diretta su fondazione corriere. it

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