Sciroppi
Fare qualcosa in più dei soliti e purganti. Oggi l’industria che porta il suo nome ha sfiorato un miliardo di ricavi
Nella sala del consiglio di amministrazione, gli armadi sono pieni di piccole scatolette antiche: le confezioni dei medicinali prodotti agli albori della storia aziendale. Sbirciando, ci si meraviglia un po’. Ci sono nomi che evocano più o meno apertamente sostanze oggi assolutamente proibite: un assai esplicito tubetto di “Simpamina”, altri medicinali dove la parola “cocaina” figura in modo più o meno trasparente all’interno della denominazione commerciale. In pratica, è una veloce e illuminante microlezione su quanto siano impetuosi e massicci i mutamenti nel mercato farmaceutico. Prima, però, va inquadrato il tema. Ad alimentare questo mercato è un’industria definita “di chimica secondaria”, nasce non molto tempo fa — ai primi del ’ 900— e la sua culla, più che grandi stabilimenti, sono piccole botteghe di farmacisti che s’ingegnano in preparazioni galeniche, cioè, miscele di sostanze varie messe assieme con l’obiettivo di dar rimedio ai malanni umani. Uno di questi laboratori ancora assai artigianali venne aperto, nel 1926, da Giovanni Recordati a Correggio ( Reggio Emilia), nel cuore della pianura Padana. In paese, i Recordati erano farmacisti ormai da tre generazioni. All’inizio, anzi, si chiamavano speziali e il primo era stato Giovanni Battista che aveva avviato la piccola impresa ai primi dell’Ottocento, ancora sotto il regno dei duchi di Modena. Era venuto poi Angelo e, dopo, Silvio. Sempre a curare i compaesani ma anche le bestie delle fattorie e suggerire rimedi quando i raccolti erano a rischio. Nel 1926, Giovanni— figlio di Silvio — ha ventotto anni, è sveglio e tiene d’occhio quel che succede nelle metropoli settentrionali dove già crescono embrioni di industria farmaceutica. Non gli basta più maneggiare alambicchi e bilancine nel retrobottega preparando i soliti sciroppi, le solite purghe e le solite pasticche per la tosse. Pensa più in grande. Registra una nuova ragione sociale della sua piccola impresa. La battezza Laboratorio Farmacologico Reggiano. Le confezioni di cui abbiamo parlato all’inizio sono come reperti archeologici: