Quanta classe, le novelas!
Bravi attori, storie antiche, nostalgia. Sono questi i segreti del successo dei telefilm d’origine spagnola e latina
Con i nuovi quindici episodi di Velvet ( nella foto) in prima serata dal 15 marzo, a Raiuno hanno scelto di doppiare un’altra soap- opera spagnola. Il rinnovato successo della serialità spagnola, non più solo nel territorio di confine pop di Retequattro, vede il suo clou la domenica sera, quando la prima rete programma Braccialetti Rossi, che è la fortunata versione italiana di Polseres vermelles, un medical- teen- drama strappalacrime catalano, e Canale 5 prova a resistere sacrificando Il Segreto, che è l’esempio più illustre del fenomeno di queste soap- opera latine che si sono guadagnate addirittura il prime- time. Tanto impazzano online critici e specialisti di riassunti, o “recap” che dir si voglia, quanto è difficile circoscrivere in un genere, o in un sottogenere, prodotti che ormai sconfinano in tutte le direzioni e certo mantengono l’impianto delle telenovelas tradizionali sudamericane, rivolgendosi già in prima battuta al grande mercato mondiale di lingua spagnola. Come negli Anni 80, quando esplose la prima svolta latina della televisione, stanno virando decisamente di nuovo verso la soap- opera anche i grandi produttori americani di serie, e per un remake di Dallas che non decolla, c’è sempre una nuova Dynasty che fa urlare al successo, vedi la versione in musical di Empire. Al di là dei tecnicismi, è importante constatare che la Spagna, pur investita subito dalla crisi economica generale, e in proporzioni tutt’altro che lievi, ha saputo rialzare la testa molto rapidamente anche sul mercato televisivo. E in qualche modo si vede che queste serie sono un prodotto maturo del dopocrisi. Se vogliamo, il segreto de Il Segreto non può essere certo solo nelle pieghe del racconto, che viene peraltro interpretato molto bene da un cast di attori di prim’ordine, perlopiù di scuola teatrale. In fondo, siamo all’eterna storia dell’inganno romantico: El Secreto de Puente Viejo, ovvero La historia de un amore imposible, come recita pedissequamente il sottotitolo dell’originale firmato dalla direttrice di Antena 3 Alejandra Balsa con la dermatologa Aurora Guerra. La chiave più interessante è forse invece quella sociale: con un salto d’ambientazione allo scorcio iniziale del Novecento, gli autori hanno la possibilità di mettere in scena i rapporti umani prima che lo sviluppo dei media fagocitasse l’intimità nell’iper- narrazione e nella sovra- rappresentazione, prima dei telefoni cellulari e dei social- media, quando i sorrisi non erano “emoticon”, i baci e gli abbracci non si sprecavano a vanvera nell’etere e i segni e i gesti non si confondevano nell’indistinto postmoderno. E anche prima che la globalizzazione e la crisi non avessero ancora confuso e piallato tutto, quando insomma le classi sociali esistevano davvero e la divisione in classi permeava chiaramente la vita di tutti. Si dà il caso dunque, per concludere con un esempio provocatorio, che i volumi de Il Segreto non abbiano sfigurato in libreria nelle stesse settimane in cui s’affermava il caso di Thomas Piketty, con il suo neo- marxista Il Capitale nel XXI secolo.