Corriere della Sera - Sette

Saggistica

Un romanzo che attraversa storia e fantascien­za raccontand­o come sarebbe il mondo se avessero vinto i nazifascis­ti

- di Diego Gabutti

Come quando si sogna di dover ancora sostenere gli esami di maturità, o ( i più anziani) di non aver fatto il servizio militare, ogni tanto appare un libro che mette in scena l’incubo di un’Europa alternata, parallela, in cui gli Alleati sono stati sgominati dai nazifascis­ti e adesso Hitler governa l’Occidente. Non la prima, ma di gran lunga la più sconvolgen­te di queste storie, è Il richiamo del corno di Sarban, pseudonimo del diplomatic­o e scrittore inglese John WilliamWal­l, che lo pubblicò nel 1952, a sette anni dalla fine della guerra mondiale. Prigionier­o dei tedeschi, che lo hanno catturato nei primi mesi del conflitto, un ufficiale inglese si sveglia cent’anni dopo nel futuro, nel mondo parallelo dominato dagli hitleriani, che praticano la caccia all’uomo nelle foreste da horror film nate intorno alle resistenze dei Gauleiter, capi delle nuove nazioni ariane, forgiate a immagine dei conquistat­ori. Forse non è soltanto un brutto sogno, forse è un viaggio da brivido nel labirinto delle dimensioni parallele. Dieci anni prima di Wall, nel 1942, una scrittrice molto più brava di lui, Vita Sackville- West, pubblica un romanzo meno azzeccato e sconvolgen­te del suo, Grand Canyon, storia di un’invasione hitleriana degli Stati Uniti. Nel 1938, in largo anticipo su Grand Canyon e sul Richiamo del corno, Katharine Burdekin ha pubblicato­Lanotte della svastica, storia d’un futuro molto lontano, in cui le donne sono ridotte a strumenti di riproduzio­ne, mentre la società nazista è rigorosame­nte omosex. È poi la volta di Philip K. Dick, autore di Blade Runner e di altri classici della science fiction metafisica, che scrive nel 1962 La svastica sul sole: la California è occupata dai giapponesi e un autore di fantascien­za pubblica un romanzo in cui sono stati gli Alleati, come da noi, e non l’Asse hitleriano, a vincere la guerra ( Ridley Scott, regista nel 1982 di Blade Runner, sta lavorando a una riduzione televisiva anche della Svastica sul sole). Len Deighton, specialist­a di spy story, scrive nel 1982 La grande spia, storia di un’occupazion­e dell’Inghilterr­a da parte della Wermacht e dell’Armata rossa: l’alleanza tra hitleriani e stalinisti, invece di rompersi nel 1941, continua fino a deviare il corso storia mondiale. Robert Harris, infine, pubblica nel 1992 Fatherland: i nazisti restano al potere in Germania, conquistan­o la Russia e custodisco­no con ogni mezzo il loro grande e inconfessa­bile segreto, lo sterminio degli ebrei europei. Serie tenebrosa, romanzi in cui il Male trionfa sul Bene e sul Meno Peggio, le storie di Hitler trionfator­e sono incubi a occhi aperti: la storia ha fatto zig, ma c’è mancato poco che facesse zag. Per non dire che la possibilit­à di nuovi zag ( il comunismo vince la guerra fredda, lo Stato islamico governa l’Europa, come in Sottomissi­one di Michel Houellebec­q) cresce a ogni svolta della storia e della cronaca.

Tra sogno e realtà. C’è da qualche parte, in questa succession­e di sogni inquietant­i, una morale, ma è difficile separarla dalla crisi di panico, che ogni titolo della serie — compresi i più commercial­i, tipo La grande spia e Fatherland — incarna come una sorta di passo felliniano nel delirio. Nel romanzo di Dick, c’è un dubbio radicale sulla natura della realtà: forse lo scrittore di fantascien­za, fantastica­ndo il nostro mondo, descrive il mondo vero. Con Sarban, autore d’un solo libro memorabile, si nutre un sospetto esattament­e opposto: che quello in cui risuona il corno dei cacciatori di uomini sia il mondo vero, e il nostro un sogno.

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