Corriere della Sera - Sette

La crisi di panico che ispirò Anna Karenina

Dopo una notte di paure, trovò in Schopenhau­er le risposte che cercava. E nel rapporto con la famiglia la forza di rialzarsi. Avvicinato da neurologi e psichiatri, mutò il dolore in una risorsa

- di Paolo Mazzarello

Una notte di tremori per Lev Tolstoj L’inquietudi­ne aumentava. L’angoscia spesso giungeva all’improvviso, con il sudore che imperlava la fronte, i pensieri tetri che invadevano la mente, il timore della morte e del nulla

Niente della vita gli era sfuggito. L’aveva colta in tutti i suoi aspetti materiali e intellettu­ali. Numerose le donne che avevano costellato la sua giovinezza, era stato bevitore smodato e giocatore compulsivo perdente inseguito dai creditori, si era battuto a Sebastopol­i in Crimea ricavandon­e dei racconti seducenti per la precisione della penna e la capacità di descrivere l’animo umano, le stagioni, la natura e soprattutt­o l’assurdità della guerra. La sua opera Guerra e pace ambiva a ricostruir­e un intero mondo, sorpreso nel formicolar­e di innumerevo­li destini individual­i e nel movimento dell’intera società russa. Lev Tolstoj aveva raggiunto, a metà del 1869, il culmine della sua potenza intellettu­ale. Viveva a Jasnaja Poljana, duecento chilometri a sud di Mosca, in un microcosmo agreste che ruotava attorno alla sua persona, circondato da domestici e contadini, immerso in una natura brulicante di vita. Era sposato da sette anni con una donna che ne aveva sedici di meno, a lui devotament­e legata, gli era appena nato il quarto dei suoi figli e Guerra e pace stava producendo una grande sensazione nel mondo letterario russo e fra il vasto pubblico dei lettori. E tuttavia Tolstoj provava un senso di vuoto, la vertigine che ti colpisce a grande altezza, dopo aver faticato a lungo per scalare una montagna. Qualcosa non andava nel suo animo. Si gettò nella lettura, soprattutt­o l’opera del filosofo Arthur Schopenhau­er, che sembrava dare un senso, anche se deprimente, al suo nichilismo. Ma l’inquietudi­ne aumentava. L’angoscia spesso giungeva all’improvvi- so, con tremori, il sudore che imperlava la fronte, i pensieri tetri che invadevano la mente, il timore della morte e del nulla. A che scopo lavorare, amare, affannarsi nella vita, se poi tutto era inevitabil­mente destinato a finire, prima o poi? Forse, tanto per scrollarsi di dosso l’incombente oppression­e dell’animo, Tolstoj decise di acquistare nuova terra, quasi come se ancorando di più la sua vita al mondo materiale fosse possibile allontanar­e l’angoscia del deserto spirituale. Venne a sapere che un possedimen­to era stato messo in vendita a sud- est, nel governator­ato di Penza ingentilit­o da dense foreste, e si mise in viaggio con il suo domestico preferito, il giovane Sergej Arbuzov, per verificare de visu la bontà dell’affare. Dopo una prima tappa in treno, presero una carrozza. Tolstoj si sentiva bene, aveva in mente la terra che avrebbe comprato e gli faceva piacere pensare al ricavato dalla vendita del legno della proprietà.

Qualcosa di straordina­rio. Senza apparente motivo, tuttavia, improvvisa­mente precipitò nell’angoscia. A niente valeva scambiare qualche parola con il suo domestico. Anzi la simpatia e la vitalità del giovane, paradossal­mente, aumentavan­o lo sconforto. La carrozza giunse, nel buio, ad Arzamas, centododic­i chilometri a sud del capoluogo, Nižnij Novgorod. Era la notte fra il 2 e 3 settembre 1869. Tolstoj si sentiva stanchissi­mo ma per fortuna poteva riposarsi in una locanda. Erano le due di notte, tentò di rilassarsi e cercò di dormire, ma non ci riusciva. Poi, improvvisa­mente, provò « qualcosa di straordina­rio » : Nell’estate 1897, Cesare Lombroso (18351909, sopra), lo psichiatra noto per le teorie su genio, follia e criminalit­à, va a Mosca a incontrare Tolstoj: un viaggio scientific­onaturalis­tico per confermare la sua teoria sulla degenerazi­one. Secondo lui, infatti, lo scrittore

personific­a perfettame­nte il binomio geniofolli­a. Questo curioso incontro è raccontato da Paolo Mazzarello nel libro Il genio e l’alienista (Bollati Boringhier­i 2005, pp. 123, 7,50 euro). si sentì invadere da una sensazione strana, mai avvertita in precedenza, un misto d’angoscia, d’orrore, uno stato di tormento che proveniva da profondità insondabil­i dell’animo. Senza apparente motivo. Non capiva cosa gli stesse succedendo, sentiva la mente paralizzat­a dall’angoscia. Si alzò con il fortissimo desiderio di partire, di trovare un’uscita di sicurezza. Fece sellare i cavalli, ma quando erano pronti si addormentò, sfinito. Al momento della partenza, dopo qualche ora di tregua, l’orribile sensazione si ripresentò nuovamente, anche se attenuata. Per fortuna, Tolstoj si sentiva ora preparato ad affrontarl­a e

nonn se ne lasciò « sopraffare » . Il giorno dopo giunse a Saran nsk e descrisse con parole di grande intensità, in una let ttera alla moglie, lo straordi inario evento, vissuto come unn limite estremo raggiunto dallad sua vita. Infine aggiuns e: « Per la prima volta, in questoq viaggio, ho capito quantoq sono legato a te e ai bambini.b Posso stare solo, come quando mi trovo a Mosca, se sono occupato continuame­nte, ma non ci riesco se non ho nulla da fare, come mi capita adesso » . Lo strano episodio di angoscia, di precarietà e panico provato da Tolstoj, la sensazione di morte imminente che insorge improvvisa­mente, come un fulmine, e senza apparente motivo, è caratteris­tico di quella condizione clinica definita “attacco di panico”, di cui soffre, secondo alcune statistich­e, una percentual­e della popolazion­e che varia fra l’ 1.5 e il 3.5 per cento. Un’esperienza tremenda, come testimonia chiunque l’abbia provata. Tolstoj fu tuttavia in grado di trasformar­e la sensazione « orribile » di quella notte in una risorsa della sua arte. Alcuni anni dopo, attorno al 1884, descrisse dettagliat­amente quell’attacco di panico nel racconto Le memorie di un pazzo, ma se ne trova traccia in altri testi del grande scrittore russo, da Anna Karenina a La morte di Ivan Il’ic. Del resto lo stato di alterazion­e della mente lo affascinav­a e quando risiedeva a Mosca si intrattene­va volentieri a discutere con il grande psichiatra e neurologo russo Sergej Sergeevi Korsakov esperto di alcolismo e studioso della follia.

Una sofferenza ispiratric­e. L’esperienza angosciosa di quella notte diventò così sorgente della sua arte e si mutò in ispirazion­e letteraria. Purtroppo ben pochi sono in grado di trasformar­e un evento così spiacevole in una risorsa della vita, come in parte capitò a Tolstoj. L’attacco di panico è, infatti, un’esperienza invalidant­e, che riduce i gradi di libertà della persona, avvelena la vita, inquina i rapporti interperso­nali perché non facilmente compreso. Per fortuna può essere ora curato adeguatame­nte con terapie comportame­ntali- psicologic­he e con farmaci specifici che agiscono sui livelli della serotonina e di altri neurotrasm­ettitori cerebrali, molecole che permettono ai neuroni di comunicare tra loro. Resta da capire se sotto terapia farmacolog­ica l’arte di Tolstoj sarebbe stata la stessa.

1- continua *Storico della medicina, saggista, scrittore.

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L’incontro con Lombroso
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Anna Karenina.
I tormenti raccontati nelle sue opere Qui, l’autore russo Lev Tolstoj (1828-1910) a Jasnaja Poljana, dove viveva. Sotto, Tolstoj con la famiglia nel 1888. In alto, la prima edizione russa di Anna Karenina.
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