Investimenti,
Istituti di credito e ha preso i voti e conduce la sua battaglia contro la finanziarizzazione dell’economia
aël Giraud, 45 anni, fulminato sulla via di Damasco. Legge bilanci e listini di Borsa con la stessa naturalezza con cui commenta la Bibbia. Dice Messa e sussurra strategie economiche al presidente francese Hollande. È capo economista dell’Agence Française de Développement ma la sera torna in convento e cena con i confratelli. Il suo ultimo libro, Transizione ecologica, è un pesante atto d’accusa contro la finanziarizzazione dell’economia che « rende schiavi » interi popoli e ampie fasce sociali nei Paesi sviluppati.
GDottor Giraud o, meglio, dovrei dire don Gaël, lei è un economista tra i più noti in Francia: non mi dica che proprio per questo è diventato gesuita? « La ragione più profonda è l’incontro con i bambini di strada, in Ciad. Ho vissuto due anni in quel Paese, insegnando matematica e fisica in un istituto gesuita. Loro mi hanno convertito al Vangelo. Quando ho lasciato il Ciad, volevo continuare l’esperienza e ho chiesto che esaudissero il mio desiderio di predere i voti, ma era appena morto mio padre e mi hanno detto: aspetta, ora occupati di tua madre e di tuo fratello. Così sono passati 5 anni prima di cominciare il mio percorso » .
Pensa si debba convertire anche l’econo-
« Non so se sia necessario, anche perché non so cosa sia il capitalismo. Ve ne sono svariate forme: quello di Milano non è quello di Zurigo. Il modello di New York non è lo stesso della Parigi anni ’ 60 e, quindi, dal punto di vista storico e geografico, esistono tante forme di capitalismo. Io credo si debba cambiare il modo di vivere insieme » .
Lei parla di “transizione ecologica”. Ma servirebbe una rivoluzione culturale…
« Esatto, un cambiamento di civiltà. Dobbiamo abbandonare il modello sul quale abbiamo costruito la prosperità dell’Europa sin dalla rivoluzione industriale. Questo obbliga a riconsiderare la proprietà privata per dare spazio ai cosiddetti commons, i beni comuni, ossia quei beni che devono essere della società civile nel suo insieme. Mi riferisco alle risorse naturali: l’ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità… È un concetto antico, i latini, nel diritto romano, lo definivano res medius: ciò che non appartiene a nessuno. Mi rendo conto di quanto sia difficile, per la società civile, riappropriarsi dei beni comuni in un mondo in cui l’ideologia neo- liberista vorrebbe privatizzare tutto. Ma è necessario uscire dal progetto politico neo- liberista e ricreare uno spazio in cui esistano i beni privati, i beni pubblici gestiti dallo Stato e i beni comuni gestiti da istituzioni che non sono né pubbliche né private » .
Non è solo un’utopia?
« Il processo di cambiamento sarà molto lento. Vi è una fortissima resistenza da parte delle élite che traggono un guadagno diretto o indiretto dalla rendita. Gli uomini con oltre 60 anni, che vivono in città e hanno fatto studi superiori, spesso non vogliono cambiare. I più inclini al cambiamento sono le classi medio- basse, i poveri, le donne, le persone con un livello di istruzione meno elevato. Se non cogliamo l’importanza di un cambiamento, andremo verso una società duale, con una minuscola élite che avrà accesso a tutti i servizi e gli altri sostanzialmente schiavi a disposizione delle élite » .
Analisi estrema: cos’ha reso il capitalismo, come dice lei, così “spietato”?
« La caduta del Muro di Berlino, nel 1989, ha cancellato la minaccia di un’alternativa al capitalismo, lasciando spazio a una sempre maggiore diffusione dei valori liberisti. L’Unione Sovietica non è mai stata una vera alternativa: era solo totalitarismo burocratico, ma obbligava i Paesi occidentali a un atteggiamento ragionevole. Dagli anni ’ 90, la scomparsa di questa minaccia ha favorito lo sviluppo del liberismo integrale e la finanziarizzazione della nostra società » .
Merkel, Hollande o Renzi: non sembra che destra o sinistra facciano la differenza. Chi dovrebbe, allora, sposare la rivoluzione su cui lei insiste?
« Deve partire dalla società civile, da lea-