Schiaffi e baci dall’Oriana
Annaspiamo tra minacce, ripicche, richieste di voti contro e non a favore: schiarite politiche all’orizzonte, si deduce, non si annunciano. L’elettore manda segnali. Chissà dove porteranno stizza e sconcerto generali. Speriamo in un miglioramento del clima, perché qui al nord, in questa tarda primavera con temporale quotidiano, Renzi rischia l’addebito, come a ogni governo quando piove, e la lunga marcia per il “sì” al referendum autunnale può marcire per strada, come un fungo troppo annaffiato, di acqua e di parole. Questo per dire: adesso, messi i sindaci sullo scranno, concedeteci una tregua, qualche settimana senza l’incubo che incombe. Personalmente ripongo i talk show e apro l’ultima testimonianza dell’Oriana, la Fallaci, una donna che teneva sempre sulla corda. Nelle sue Lettere da una vita straordinaria, come recita il sottotitolo del libro pubblicato da Rizzoli, spalanca un quotidiano semplice e denso, anche mentre il Napalm infesta il Vietnam, i colonnelli spezzano le reni alla Grecia e Kissinger scorrazza per il mondo come un cow boy solitario e impunito. È il titolo a infondere coraggio: La paura è un peccato. Vorrei stringere la mano a chi l’ha azzeccato, così cristianamente assertivo, così eternamente vero ovunque lo si collochi nel tempo. In una lettera alla madre, dalla Cambogia, l’Oriana febbricitante per colpa « di quella stronza di tailandese » che le ha sbagliato le dosi del vaccino, con la gamba gonfia e indurita per la puntura di un insetto, è felice perché porterà a casa un « trofeo, la più bella tovaglia che tu avrai mai visto in tutta la tua vita: di lino ricamata a mano, in grandi rose rosse, ma ricamata in modo tale che non crederai ai tuoi occhi » . All’uomo più potente del mondo, Henry Kissinger, ringhia: « Ho detto che persino pronunciare il Suo nome mi riempiva di nausea... Continuo, nel mio piccolo, a spararLe in faccia come ho sempre fatto. E a rischiare... perché dal giorno in cui ho cominciato, i suoi amici della Cia mi dedicano infinite attenzioni » . Poi riprende carta e penna per un biglietto a François Pelou, un amore della sua vita: « Conservo nella mia bocca un tuo chewingum, e lo assaporo come fosse un tuo bacio. Lo custodirò insieme ai miei gioielli, per poterlo assaporare ancora: quando tu mi mancherai troppo » . E ad Alekos Panagulis, l’Uomo della sua vita: « C’è sempre un vento che mi porta via da dove amo trovarmi: come certi uccelli costretti costantemente a emigrare. Ma, se tu me lo permetterai, se ti piacerà, prometto di piegare il vento nella tua direzione... P. S. Ti ho rubato due fili per pulire la pipa. Sono perfetti per legare i miei capelli alla contadina » . Quando uno strillone annuncia: « Hanno ammazzato Pasolini » , conclude così il suo ricordo: « Apparvero i due popolani che avevano scoperto il tuo corpo. Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo, tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio di immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino si accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta? » .