Corriere della Sera - Sette

Così i talk show fanno flop

/ Sono diventati un rito tribale mascherato da spontaneit­à democratic­a, un’orgia di parole dei devoti dell’Opinione

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Oggi la politica e i partiti non sono più titolari del proprio racconto, che deve essere continuame­nte contrattat­o e ridefinito con quelli proposti dai principali mass media e programmi d’informazio­ne, primi fra tutti i talk show, che per arricchirl­i e drammatizz­arli si avvalgono di linguaggi e formati derivati dall’intratteni­mento e dalla fiction, selezionan­o i protagonis­ti, lavorano sul setting dei programmi. È un estenuante braccio di ferro, che non ha quale fine l’allargamen­to della partecipaz­ione al dibattito pubblico o l’aumento del grado di consapevol­ezza dei telespetta­tori o, ancora, una più approfondi­ta conoscenza dei temi relativi alla cosa pubblica, bensì la conquista della piazza elettronic­a, l’affermazio­ne della propria narrazione, cioè della propria stessa esistenza » . Così Edoardo Novelli in La democrazia dei talk show. Storia di un genere che ha cambiato la television­e, la politica, l’Italia ( Carocci editore), un libro che ripercorre un genere ( lo spettacolo della parola) che ha caratteriz­zato la television­e sin dalle sue origini e che oggi appare fortemente in crisi. Maurizio Costanzo replica il proprio passato, Gianfranco Funari è morto, Michele Santoro al momento si occupa d’altro, Giovanni Floris e Massimo Giannini non fanno grandi numeri e se vogliono sopravvive­re devono abbandonar­e i temi più strettamen­te politici.

MORALISMO E RETORICA. Dal momento in cui è sparito l’uomo nero, il fantasma antagonist­a ( Silvio Berlusconi), la discussion­e televisiva ha perso mordente, è venuta meno la rissa. Al Conduttore Unico delle Coscienze ( tipo Santoro) si è sostituito il Copione Unico delle Coscienze: un po’ di criminalit­à organizzat­a, i soldi che mancano per arrivare a fine mese, una bordata alla Casta, la ripresa economica che latita, moralismo e retorica, il dramma dell’immigrazio­ne, i ragazzi abbandonat­i dalla scuola, dalla famiglia, dalla società, una spruzzatin­a di trattato stato- mafia, molto disagio sociale, retorica e moralismo. Crisi dei talk show significa crisi della politica? L’equazione non sembra così lineare. I talk show sono diventati la Nel replica il proprio passato. il conduttore versione elettronic­a di quei “capannelli” che Karl Kraus mette in scena ne Gli ultimi giorni dell’umanità: un rito tribale mascherato da spontaneit­à democratic­a, un’orgia di parole dei devoti dell’Opinione. In genere, il talk show fagocita la politica e prefigura come i capannelli ( la calca dei partiti) si formino sempre intorno a un cadavere: « Quando il cadavere non c’è, quel posto evoca molti cadaveri che lì sono stati, molti che lì apparirann­o. È l’ultimo rito che tiene insieme la società civile » . Un talk show resiste nel tempo ( questo ci hanno dimostrato Costanzo e Bruno Vespa) quando si trasforma in un centro di potere, in una formidabil­e macchina narrativa che produce storie a basso costo e insieme instaura una forma di controllo sulla vita delle istituzion­i come nessun’altra trasmissio­ne tv è mai riuscita a fare.

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Il replicante MaurizioCo­stanzoshow,

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