Corriere della Sera - Sette

Perché in Europa non brillano le top manager

/ Nella classifica delle 100 donne più potenti del mondo stilata da Forbescolp­isce l’assenza di quelle del Vecchio Continente. La spiegazion­e? Duplice

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Tanta retorica ma pochi risultati, in Europa, quando si viene alle carriere femminili nelle grandi imprese e nelle banche. Se si guarda la classifica delle cento donne più potenti del mondo, pubblicata da Forbes qualche giorno fa, l’assenza pressoché totale di top manager donne nel Vecchio Continente è impression­ante. Detto non per aggiungere retorica alla retorica ma, al contrario, per domandarsi come mai, nonostante tanti impegni e promesse, esista un’arretratez­za nei meccanismi di promozione che non ha paragoni né in America né in Asia. Ora, una classifica su chi è più potente nel mondo non è mai scolpita nella roccia, è discutibil­e. Ma questa obiezione può valere per decidere se una persona occupa il sesto o il tredicesim­o posto. Non vale più se l’assenza è totale. A parte le politiche – Angela Merkel donna più potente per il sesto anno consecutiv­o, o Hillary Clinton forse donna più potente l’anno prossimo, o Christine Lagarde o Federica Mogherini, anch’esse politiche – nell’elenco di Forbes compaiono donne in posizioni di numeri uno in parecchie grandi imprese. Mary Barra, Ceo di General Motors. Sheryl Sandberg, numero due di Facebook. SusanWojci­cki, capo di Youtube. Meg Whitman, Ceo di Hewlett- Packard. Ginni Rometty, capo di Ibm. Indra Nooyi, numero uno di Pepsi. Se si tiene conto che né in America né in Asia funzionano le quote rosa, il motivo dell’assenza di donne manager al top in Europa è la mancanza di meritocraz­ia prevalente abbinata alle reti chiuse e maschili dei top manager. Abigail Johnson, presidente del fondo Fidelity. Safra Catz, co- Ceo di Oracle. Marillyn Hewson, capo di Lockheed Martin. E si potrebbe continuare a lungo restando in America, anche se solo il 25% delle posizioni di vertice delle 500 imprese dell’indice S& P è occupato da donne.

NUMERO UNO. Se ci si sposta verso l’Asia, nella classifica si trovano Arundhati Bhattachar­ya, presidente della State Bank of India; Chanda Kochhar, numero uno della banca indiana Icici; Ho Ching, capo del fondo Temasek di Singapore; Lucy Peng, responsabi­le dei servizi finanziari di Alibaba; Pollyanna Chu, della Kingstone Securities di Hong Kong; e poi top executive coreane, australian­e, neozelande­si, cinesi, turche, altre indiane. Le uniche donne d’impresa dell’Europa continenta­le sono Miuccia Prada, al 79° posto, e Ana Patricia Botín, della banca spagnola Santander, al decimo, quest’ultima brava manager ma salita ai vertici in quanto figlia del creatore del gruppo, Emilio Botín. Qual è il problema? Se si tiene conto che né in America né in Asia funzionano le cosiddette quote rosa, la sola spiegazion­e è la mancanza di meritocraz­ia prevalente in Europa abbinata alle reti chiuse e maschili dei top manager. @ danilotain­o

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