L’ebraismo? È tempo e non luogo
/ «Memoria significa essere un canarino in miniera, dare l’allarme quando si sente l’acre odore del razzismo», scrive Goldkorn in un libro scioccante
Ci sono vuoti che nessuno sforzo d’immaginazione può riempire. Eppure, quei vuoti vanno riempiti. Se no che ci facciamo in questo mondo, noi figli della Shoah? » . Forse per fedeltà generazionale, quasi tutte le parole de Il bambino nella neve di Wlodek Goldkorn ( Feltrinelli) mi hanno scombussolato. Perché « la memoria è solo il nulla su cui cerchiamo di strutturare la nostra identità. Ed è un bene che sia così. Altrimenti non avrei potuto vivere e amare le persone vive » . Sì, vero, la storia di Wlodek è diversa, è nato in Polonia in una famiglia ebrei e comunisti, considerati infidi; traditori che quando nel 1946 tornarono dall’Unione Sovietica dov’erano scappati trovarono un Paese in preda ai pogrom. E che però al loro bambino dicevano che « in Israele abbiamo parenti e ci abitano gli ebrei, per cui è uno Stato che ci è caro, ma la nostra patria è la Polonia » . Insegnavano che le vittime sono solo i morti e che noi, i viventi, dobbiamo essere giudicati per le nostre azioni, non per il passato dei nostri genitori o per il modo in cui morirono i nostri nonni, le nostre zie, i nostri cugini. Ma « davvero non sono, non siamo, vittime? Davvero il ricordo di Auschwitz, la memoria della Shoah, l’esilio dalla Polonia non mi hanno reso vittima, malgrado i miei sforzi? » . Nel 1967, 15enne, a Varsavia, è straniero in patria, un nemico interno, una quinta colonna. L’anno dopo emigra in Israele. Fa il servizio militare, non si trova affatto bene. Per lui memoria è « saper parlare e trasmettere agli altri il linguaggio della ribellione, della radicale contestazione delle verità del potere » , altrimenti non esiste, si riduce a un esercizio di vuota retorica, a un cerimoniale. Wlodek ripete un concetto importante e attualissimo: un tempo si portavano nelle miniere i canarini, sensibili ai gas avverti- vano quando la catastrofe era imminente. « Memoria significa essere un canarino in miniera, dare l’allarme quando si sente l’acre odore del razzismo » . Se ne va a Francoforte. Via anche dalla Germania. In Italia: « Pensai che se ero condannato a non avere una casa, sarei vissuto nel Paese più bello del mondo » . Il libro va avanti e parla di Marek Edelman, adolescente vicecomandante bundista di quel Mordecai Anielewicz che da capo del movimento giovanile Hashomer Hatzair guidò l’eroica rivolta del Ghetto di Varsavia. E Łódź, Auschwitz, Birkenau, Bełżec, Sobibór, Treblinka ( fotografie di Neige De Benedetti)... Come è vero il dire di Wlodek che l’ebraismo è tempo e non luogo. « L’anno prossimo a Gerusalemme significa l’anno prossimo nel tempo dopo il tempo, l’anno prossimo il Messia. Ma, ammesso che il Messia verrà, la sua venuta sarà irrilevante. Eppure dobbiamo fare come se lo aspettassimo » .