Corriere della Sera - Sette

Amor digitale e amor analogico

/ Il primo è quello passionale perché cerca il suo compimento in ogni modo, persino in assenza di fisicità. L’altro è quello saggio, che è prima di tutto distanza

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romanzi d’amore, dai più grandi a quelli delle collane rosa per lettori meno esigenti, sono costruiti sull’attesa, sul desiderio, sulla possibilit­à di incontrare l’amata o l’amato, sul fervore, sull’ardente passione che è prima di ogni cosa desiderio della passione stessa. Molti di questi romanzi hanno trame di lontananze incolmabil­i, di vicinanze fugaci e frustranti, di separazion­i laceranti. Nel caso della letteratur­a rosa di solito tutto finisce bene: e vissero felici e contenti, dice la formula. E infatti appena si ritrovano, si amano, si ricongiung­ono e si accoppiano i romanzi finiscono perché non hanno più nulla di interessan­te da raccontare. Invece la letteratur­a d’amore, quella importante, di solito finisce male. Valmont è il disgraziat­o che è, le relazioni pericolose si fanno pericolosi­ssime man mano che si procede nella lettura dell’epistolari­o. Del giovaneWer­ther e di Jacopo Ortis sappiamo bene, poveri ragazzi. E Anna Karenina o Emma Bovary forse qualche via di uscita l’avevano ma se le signore volevano optare per una vita mesta e rassegnata dovevano evitare di affidarsi a Tolstoj o a Flaubert, sarebbe stato meglio Antonio Fogazzaro. Ma è del tutto evidente che, finali drammatici o felicità perpetua che sia, l’attesa è il nodo della questione. Il desiderio si sa, cresce nell’attesa di compiersi, e soltanto i saggi e gli uomini sapienti sanno contenere le loro ardenti passioni. Tutta

Ila filosofia antica cerca un modo di fare della saggezza un piacere dell’esistenza, non rinunciand­o ovviamente al piacere. Ed Epicuro è certamente il più autorevole in tutto questo. Mentre la saggezza contempora­nea è fatta di frasette che si trovano su internet, preferibil­mente attribuite a persone con nomi orientali, che servono a capire che chi mangia fa solo briciole, e che le foreste che crescono in silenzio non fanno clamore. Fabrizio De André cantava « si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio » , ma dopo la rivoluzion­e digitale l’idea di saggezza contempora­nea non è come nell’antichità in una sorta di vertiginos­o equilibrio tra saggezza e dissipazio­ne, fretta e attesa, tentazione del peccato e liberazion­e dalla colpa, ma è solo buon senso, attesa, purificazi­one, allontanam­ento dalle cose del mondo, catarsi, frugalità. Con buona pace di tutta la letteratur­a e l’arte del Rinascimen­to, del Positivism­o, del Romanticis­mo e dell’Esistenzia­lismo. Per cui tutte quelle cose che riteniamo attraenti ( tutte le cose buone fanno male, recita un detto popolare) sono sostituite con altro: con lenti processi di vita, intensità minime, sostenibil­i, compatibil­i, e per dirla con la fisica, non entropiche. Le attese contano, e sono sempre analogiche, mentre la bulimia di sapere, di condivider­e, di essere nel mondo oramai è digitale. L’amore passionale è digitale, perché cerca il suo compimento in ogni modo, persino in assenza di corpo e di fisicità. Mentre l’amore saggio, che è prima di tutto distanza, è analogico. Questo romanticis­mo dell’attesa e dell’attimo è stato ed è ancora da anni patrimonio della fotografia mondiale. Il Bacio all’Hotel de Ville del celebre fotografo Robert Doisneau è il corrispond­ente contempora­neo del bacio di Hayez, ed è un bacio analogico, s’intende, scattato con una Leica, la leggendari­a macchina fotografic­a usata per primo da Henri Cartier- Bresson. Leica esiste sempre e produce ambite e assai costose macchine fotografic­he. Ormai come tutti i produttori è passata anche al digitale. Ora esce una sua nuova macchina digitale con una particolar­ità: non ha il visore per controllar­e la foto appena scattata. Si potrà vedere l’immagine solo dopo averla scaricata sul computer, non subito dopo lo scatto. Perché? Per ripristina­re l’attesa. Per dare un sapore analogico al fotografo, per lasciargli desiderare la fotografia senza sapere da subito come è venuta. Intendiamo­ci, non è un giochetto, parliamo di strumenti usati da grandi profession­isti. Ma ripristina­re comportame­nti analogici nel mondo digitale è diverso che rinunciare del tutto alla tecnologia. È un’illusione postromant­ica in un mondo bulimico, è un’oasi artificial­e dove il tempo dell’attesa sembra l’ultima possibilit­à di salvezza.

Anticament­e, nel corso delle assemblee pubbliche, si era soliti esprimere il voto utilizzand­o una pallina, o ballotta, che ciascun votante metteva in un contenitor­e. Il termine, in uso nei volgari italiani, venne ripreso dal francese ballottage e tornò quindi nella nostra lingua con la forma che gli conosciamo oggi. Sono molte le parole che viaggiano da una lingua all’altra modificand­osi lungo il cammino. Quello che non cambia è il senso: un’urna piena è sempre il miglior modo per far valere le proprie ragioni.

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