Indiani a rischio Trump
/ Il tycoon è in contrasto con i pellerossa perché entrati nel business dei casinò
Donald Trump è deciso, come è noto, ad espellere gli immigrati ispanici clandestini e a tenere sotto tiro quelli islamici, anche se risiedono legalmente negli Usa. Ma la minoranza che deve temere di più una presidenza Trump non è quella dei “latinos” né quella musulmana: i guai più grossi li passeranno le tribù indiane che già oggi non fanno una gran vita, chiuse nelle loro riserve, spesso in territori aridi e remoti. Per aiutare questi gruppi della “nazione” indiana a sopravvivere, il governo federale già da qualche decennio ha concesso alle tribù la possibilità di aprire case da gioco nelle loro riserve, anche in Stati nei quali il gioco d’azzardo è proibito. In pochi anni i Mohawk, la Pequot Tribal Nation e diversi altri nuclei hanno costruito case da gioco in vari Stati, compresi New York e il New Jersey, finendo in rotta di collisione col “tycoon” di Manhattan, alle prese con la repentina perdita di valore dei suoi casinò di Manhattan. Improvvisamente negli anni 90 sono cominciate le campagne contro le case da gioco animate da gruppi di cittadini preoccupati, secondo i quali una simile attività apre la strada a infiltrazoni della criminalità organizzata. L’”authority” federale che sorveglia il gioco d’azzardo ci ha messo poco per scoprire che dietro le associazioni di sedicenti cittadini preoccupati, c’era proprio lui: il superpalazzinaro Trump, abituato a operare con una sorta di protezione pubblica, che stavolta aveva visto il suo investimento in case da gioco penalizzato proprio da un’iniziativa politica del governo federale e da una legge del Congresso. La cosa più buffa è che quella legge non l’hanno voluta i democratici: è stata varata dall’idolo di Trump, Ronald Reagan, negli ultimi mesi della sua presidenza, nel 1988. Vistosi scoperto, Trump ha cominciato ad attaccare a testa bassa col suo solito stile aggressivo e insultante. E, come al solito, non si è fatto problemi a sostenere tutto e il contrario di tutto. Prima ha affermato che i pellerossa erano troppo deboli e ingenui per resistere alle pressioni della Mafia che avrebbe sicuramente cercato di impadronirsi del gioco d’azzardo: «Sarà il più grosso scandalo dai tempi di Al Capone». Poi, quando i pellerossa sono arrivati fino ai Catskill, la regione montuosa alle spalle di New York, il “tycoon” ha cambiato strategia finanziando un’altra campagna di accuse contro la tribù dei St. Regis Mohawks, presentati come una banda pesantemente armata. Non ha funzionato nemmeno stavolta: i casinò degli indiani sono arrivati a fatturare quasi 30 miliardi di dollari, mentre quelli di Trump sono andati più volte in bancarotta e alla fine il miliardario li ha ceduti. Ora le tribù temono la sua vendetta, se arriverà alla Casa Bianca.