La legge non è uguale per tutti: l’Ilva docet
/ Il decreto ad hoc per l’impianto siderurgico regala ai futuri acquirenti una sorta di immunità penale Così la giustizia si piega agli interessi economici
Da sempre “la legge è uguale per tutti” era magari programma ambizioso e talvolta frustrato, ma da sempre era comunque un bel credere che in teoria così fosse, e che in concreto a quell’obiettivo si dovesse tendere. Invece ormai si moltiplicano le situazioni nelle quali viene esplicitamente teorizzato, e singolarmente digerito senza troppi mal di pancia, che l’urgenza di salvare posti di lavoro, le esigenze dei cicli produttivi o le priorità della politica industriale nazionale ben possono giustificare aree di liceità condizionata dall’utilità economica ( come le riassume il professore Francesco Forzati all’Università Federico II di Napoli): uno spaccato di quel “diritto penale differenziato” che già più di dieci anni fa il giurista Massimo Donini coglieva. Iniziare cioè a invertire il principio in base al quale gli scopi politico- criminali sono subordinati all’impiego di mezzi giuridicamente prestabiliti, e a trasformarlo nel principio per cui invece i fini politici e gli scopi politico- criminali soppiantano i mezzi giuridicamente attivabili. L’ultimo evidente caso è l’immunità penale e amministrativa assicurata ai futuri compratori dell’Ilva di Taranto dal recente decreto legge ( addirittura il decimo) sulla più grande acciaieria d’Europa. Nel 2012 i primi decreti legge ( gratificati in seguito dal via libera della Corte Costituzionale) erano intervenuti per neutralizzare gli effetti dei sequestri ordinati dalla magistratura tarantina, far ripartire gli impianti e rimettere l’azienda nella disponibilità dei prodotti sequestrati. Poi, con il proclamato scopo di assicurare i posti di lavoro, altri decreti avevano fra l’altro concesso 3 anni supplementari di Il decimo provvedimento governativo per l’Ilva solleva dubbi: tanto che il presidente della Puglia Emiliano l’ha impugnato. produzione sottratta di fatto alle incertezze della giurisdizione penale. Infine il 5 gennaio 2015 ancora un decreto aveva previsto che le condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale 2014 non potessero dare luogo a « responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro » . Sembrava già una enormità. Ma adesso il decreto legge Calenda- Galletti, dispone che nel testo del 2015, dopo l’espressio- ne « del commissario straordinario » , siano aggiunte una virgola e le parole « dell’affittuario o acquirente » ; e che l’espressione « da questo funzionalmente delegati » sia sostituita con le parole « da questi funzionalmente delegati » . Il risultato, quindi, è che non più soltanto il commissario straordinario Ilva e i suoi delegati ( come nel 2015), ma anche i futuri acquirenti dell’acciaieria e i loro delegati godranno per legge di immunità penale e amministrativa per le loro futuribili azioni e/ o omissioni, che evidentemente il governo ( nel decreto) e il legislatore ( nella legge di conversione) già assumono – per definizione e in anticipo – saranno ortodossa traduzione delle « migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro » .
REGOLE À LA CARTE. Dopo le avvisaglie ( dal 2008) nelle norme sull’emergenzarifiuti in Campania e sui reati vigenti addirittura solo in una porzione di territorio, la saga di Taranto è la certificazione che sta cambiando la stella cometa: l’emergenza diventa normalità, l’eccezionale si fa regola, l’inderogabilità lascia spazio alla compatibilità, il divieto non si viola ma si circumnaviga. E se la tutela dei diritti fondamentali non procede sui medesimi binari dell’interesse economico, è la tutela dei diritti a finire per indietreggiare ed essere derubricata in semplice auspicio. Più dei diritti contano i rapporti di forza, quasi a voler a tutti i costi far tornare in mente l’” illegalismo dei diritti”: quello che Foucault, in Sorvegliare e punire, distingueva appunto dall’“illegalismo dei beni” più accessibile alle classi popolari.