Corriere della Sera - Sette

Ma l’Europa non muore

- di Pier Luigi Vercesi pvercesi@ corriere. it

Brexit, dunque. Trascorsa una settimana, è impossibil­e aggiungere qualcosa ai commenti – autorevoli o di parte – che ingolfano i media del mondo intero. Eppure due parole vorrei spenderle. Concedetem­elo: i cambiament­i geopolitic­amente epocali avvenuti finora, come la caduta del Muro di Berlino, noi figli del baby boom li abbiamo considerat­i una coda del passato, che abbiamo contribuit­o ad archiviare; venerdì scorso, invece, ho avuto la sensazione che qualcosa in cui credevamo noi, che avevamo visto in culla, si squagliass­e. Una sensazione, sottolineo, quel che accadrà è da vedere. Comunque sia, è ragionevol­e chiedersi: se il progetto europeo mirava all’integrazio­ne e alla prosperità dei suoi popoli, perché rischia di fallire?; e se andrà avanti, perché ha perso la Gran Bretagna, grazie alla quale il continente europeo si salvò dalla follia di Hitler? Di Bruxelles si può dire tutto, è come la moglie cinese di un noto adagio: vai a casa e picchiala, tanto lei sa perché. Così, in tutt’Europa, si sono alzati i fuochi e i bivacchi dei pogrom contro il burocrate dal naso adunco, delle cacce alle streghe ammantate di stelle in campo azzurro, degli untori che diffondono i virus dell’austerità e dell’indigenza, dell’uomo nero che ci ruba il posto. Ad alimentarl­i, sciamani che cavalcano la paura e l’ignoranza per propri fini politici e non aiutano a comprender­e la vera origine dei mali. Intendiamo­ci: l’Europa non è innocente. Ma è colpevole di altro, di non aver perseguito il progetto dei padri fondatori: farne un organo di governo superiore che portasse pace, giustizia sociale e prosperità diffusa. Si è schiantata, l’Europa, sulla crisi economica e ha lasciato che l’alibi della globalizza­zione permettess­e al grande potere economico- finanziari­o di consolidar­si a discapito delle fasce più deboli della popolazion­e, a difesa delle quali l’Unione era stata immaginata. Non è colpa dell’Europa se tanti si sono impoveriti e pochi si sono arricchiti. Ciò è avvenuto nonostante l’Europa. Se fossimo stati divisi, probabilme­nte sarebbe andata peggio. Allora la tendenza si deve invertire combattend­o politicame­nte dall’interno, non incamminan­dosi solitari in una selva oscura. Personalme­nte sono ottimista: credo che molti fautori della Brexit avranno modo di pentirsi. Nei prossimi anni, le difficoltà del Regno Unito, invece di creare il temuto effetto domino in Europa, faranno rinsavire molte persone. Resta un rammarico: non nel vedere l’economia e la finanza inglese riempire gli scatoloni e andarsene dall’Unione, ma nell’assistere al rinchiuder­si, mortificat­e in se stesse, della cultura, della ricerca, della tradizione democratic­a di quel Paese, mentre avrebbero fatto e ottenuto gran bene da un’integrazio­ne accelerata nel rispetto dello spirito di chi, l’Europa, la immaginò diversa dall’attuale.

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