Corriere della Sera - Sette

Oltre la Brexit, la fiducia nelle istituzion­i

/ Fra i sudditi di Sua Maestà, anche chi ha perso incassa senza una parola e volta pagina. A conferma di quanto profonde siano le radici della cultura democratic­a

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Ho chiuso gli occhi e ho cercato di immaginare. La sera prima i sudditi di Sua Maestà avevano finito di votare nel referendum e nella conta una maggioranz­a del 52% – tutt’altro che enorme – aveva deciso per l’opzione più traumatica: l’uscita dall’Unione Europea, dopo oltre quarant’anni di partecipaz­ione, di integrazio­ne sociale, economica, giuridica. E adesso ecco qua, i cittadini britannici. La mattina dopo escono dalle stazioni della metropolit­ana, corrono al lavoro in bicicletta, camminano a passo svelto con il caffè in un bicchiere di cartone, come se nella notte non fosse successo assolutame­nte niente. I loro volti sono illeggibil­i, sia quelli dei favorevoli alla rottura che quelli dei contrari. Se li fermavi, potevano dire sull’esito del referendum « sono sotto choc » , oppure « sono felice » , esattament­e con quella stessa espression­e così concentrat­a e composta. Non ne discutevan­o fra di loro, non litigavano, non celebravan­o: si comportava­no esattament­e come se questo fosse un giorno come tutti gli altri. È lì che ho chiuso gli occhi e ho cercato di immaginare: come si comportere­bbero gli italiani in caso di un evento del genere? Sicurament­e al suolo al mattino si troverebbe­ro ancora le cartacce e le bottiglie rotte dei festeggiam­enti della parte vincente della sera prima. Altrettant­o sicurament­e questo sarebbe stato un giorno di festa o di mezza festa, almeno per qualcuno che magari si sarebbe messo in malattia apposta. Da qualche parte in città un corteo dei favorevoli si sarebbe scontrato con un corteo dei contrari e si sarebbe sfiorata una rissa. Qualcuno da qualche parte avrebbe messo in discussion­e la legittimit­à dello spoglio, la cor- Il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Ue, di cui era membro dal 1° gennaio 1973. rettezza del risultato, avrebbe chiesto di rifare tutto da capo o di continuare come prima. Come se nulla fosse accaduto.

IL CONFRONTO CON L’ITALIA. Per i britannici invece no. Si è votato, e anche chi ha perso incassa senza una parola e volta pagina. Si chiama, in poche parole, fiducia nelle istituzion­i e dei cittadini gli uni negli altri proprio grazie all’ombrello di istituzion­i che si sa che funzionano davvero. La cultura della vita democratic­a ha tanti difetti anche in Gran Bretagna, per esempio una stampa popolare che mente e inventa con una sistematic­a sfacciatag­gine che persino da noi non sarebbe tollerata. Proprio le menzogne dei tabloid spiegano buona parte dell’isteria euroscetti­ca che è costata a Londra la partecipaz­ione all’Unione Europea. Ma anche così, è in situazioni così para- dossali che si capisce quanto una cultura democratic­a ha radici profonde. Ho avuto la fortuna di seguire questo passaggio storico in Gran Bretagna, e mi ha rafforzato ( purtroppo) nella convinzion­e che in Italia la cultura democratic­a non ha radici abbastanza profonde. Non è stata assorbita nell’aspetto saliente: accettare le opinioni degli altri anche quando prevalgono, perché si ha una tranquilla fiducia che le istituzion­i comuni tutelerann­o tutto. Loro e anche me. Quando questo manca, tutto diventa più faticoso. La dialettica amico/ nemico spinge chiunque a diffidare del prossimo e incoraggia i leader a circondars­i dei più fedeli, non dei più bravi. Così il danno alla qualità della democrazia si propaga per un altro giro, e poi un altro ancora. Il mio sogno sarebbe perdere un referendum e il mattino dopo riemergere con serenità da una metropolit­ana pulita, dove nessuno cerca di saltare la fila. Temo che non ci siamo ancora, purtroppo.

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Addio dopo 43 anni

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