Non Lucrezia, ma l’ambiguo Eurialo
/ Pugnale e capelli corti... Troppo, per la mitica Borgia. Di un misterioso dipinto ora in Australia, quanti errori gravi hanno a lungo coperto soggetto e autore
Di un bel ritratto, evidentemente maschile ed evidentemente non di Dosso Dossi, ripubblicato negli “Studi in onore di Gianni Venturi” da Claudio Cazzola, palesemente disinteressato alla pittura ferrarese del Cinquecento, cui fa riferimento, dovremo tentare di riconoscere l’autore vero, non quello proposto romanticamente nella sede attuale della National Gallery di Victoria, Melbourne. Il Cazzola, per non demeritare presso il suo amico Venturi, conferma l’identificazione, per l’ambiguità sessuale del personaggio, con Lucrezia Borgia, in modo consapevolmente arbitrario. Due errori per una sola immagine sono una leggerezza che non si consentirebbe a uno studente. Ma Cazzola e Venturi si accontentano di una soluzione impossibile, senza alcun approfondimento critico. Il misterioso dipinto ( olio su tavola, cm 74,5x57,4) era stato acquistato in asta a Londra nel 1965 per £ 8.000, come Ritratto di giovane uomo, con l’attribuzione a un ignoto pittore attivo nel Nord- Italia. Pervenuto al museo australiano nel 1971, al di là dei dubbi sul pittore, è stato ritenuto costantemente un giovane uomo, anche a causa del pugnale. Dopo una lunga indagine tecnica e di ricerca condotta dal restauratore della Ngv, Carl Villis, nel 2008 è stato ripresentato con il nome lusinghiero di Dosso Dossi tra il 1515 e il 1520, quando il pittore lavorava alla corte estense, negli anni di Lucrezia Borgia. Partendo dal primo errore, si è perfezionata la suggestione letteraria inventando una evocativa identità al ritrattato. Per Villis diversi indizi inducono a pensare che si tratti di una figura femminile, anche per lo sfondo con la pianta di mirto, at-
(olio su tavola, cm74,5x57,4), National Gallery di Victoria, Melbourne. tributo di Venere. E tra le donne possibili, alla corte di Ferrara, il nome di Lucrezia Borgia era il più rimunerativo. L’espressione insidiosa della persona ritratta potrebbe non sconvenire alla reputazione di questa donna tramandata nei secoli, e anche demonizzata, per la spregiudicata condotta della sua famiglia. Figlia di Rodrigo Borgia – il potente di Valencia che fu Papa Alessandro VI dal 1492 al 1503 – e della sua amante, Vanozza Cattanei, Lucrezia fu moglie prima di Giovanni Sforza, poi di Alfonso d’Aragona, ucciso dal suo feroce fratello Cesare ( il duca di Valentino), e infine di Alfonso d’Este. Morì a Ferrara, a soli 39 anni, ricordata, tra storia e mito, come donna di facili costumi e di malvagità inaudita. Il carattere delineato dal pittore non è in contrasto con la sua leggenda, ma la scritta sul cartiglio in basso, tratta dall’Eneide di Virgilio, per descrivere la bellezza di Eurialo, parla d’altro. Di virtù, soprattutto: “clarior hoc pulcro/ regnans in corpore virtus”. Una virtù ancor più luminosa perché regna in questo corpo bello. Bello per un giovane e temerario, armato di una spada o un pugnale, non certo per una donna minacciosa, e seduttiva, e con i capelli troppo corti. Certamente un maschio. Non Lucrezia, quindi. Ma, più logicamente, lo stesso Eurialo, la cui singolare bellezza può apparire femminea.
Quanto all’autore, quesito più appassionante, in nessun momento Dosso Dossi manifesta questa maniera, in equilibrio fra Parmigianino e Gerolamo da Carpi, lontano dal suo fuoco e di esecuzione così severa. Occorre dunque volgersi, per l’evidente affinità stilistica, al Ritratto di donna con cagnolino, contro un fondo di piante e fiori di mirto, di Giulio Campi; o, più verosimilmente, al suggestivo “creato” di Longhi “Amico friulano del Dosso”, ben diverso dal suo eponimo, perché più plastico, più legnoso, come l’Amico appare nei suoi ritratti riconosciuti, il Ritratto di gentiluomo, apparso presso Sotheby’s il 9 luglio 2014, o il Ritratto di donna, apparso presso Hempel il 6 dicembre 2012, ora Altomani, algidi e insieme appassionati, nella miscela elaborata dall’ “Amico”, non senza venti del nord. Dissolte le persistenti nebbie ferraresi, si può riguardare il dipinto senza la retorica letteraria e campanilistica di studiosi che si convincono di quello che vogliono e non vedono quello che è.