Corriere della Sera - Sette

Una “pace” combattuta

/ Il presidente punta all’intesa con le Farc Il vero nemico è il suo predecesso­re

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Il sogno del presidente Juan Manuel Santos è che lo storico accordo di pace con le Farc si possa firmare entro il 20 luglio, festa dell’indipenden­za in Colombia. Ma non è detto che succeda, anche perché c’è chi punta apertament­e a far saltare tutto, come il suo predecesso­re ed ex alleato Alvaro Uribe, il quale è contrario alle concession­i fatte agli ultimi guerriglie­ri marxisti e vorrebbe risolvere la faccenda per via militare. Dopo mezzo secolo di sangue e tre anni di difficili trattative all’Avana, non è certo la prima volta che in Colombia si annuncia una data per la fine del lunghissim­o conflitto armato interno. A settembre dello scorso anno le parti si accordaron­o per il 23 marzo come data limite per chiudere, il che non è avvenuto. Sui contenuti degli ultimi ostacoli è poi calata una cortina di riservatez­za. Ora si ritiene che manchi un passaggio fondamenta­le: il cessate il fuoco bilaterale e definitivo. L’ultimo punto sull’agenda di pace riguarda infatti il disarmo e la smobilitaz­ione di tutti i guerriglie­ri ancora in clandestin­ità. Il presidente Santos non vive giorni tranquilli. I suoi indici di gradimento sono molto bassi (tre colombiani su quattro non approvano la sua gestione) e un eventuale fallimento delle trattative di pace sarebbe fatale. Di recente è stato criticato per aver affermato che «le Farc si stanno preparando per la guerra urbana», da scatenare in caso di mancato accordo, e che il governo dovrebbe aumentare le tasse per continuare a combattere. Lo schieramen­to di Uribe, Centro Democratic­o, è invece radicalmen­te contrario. L’ex presidente ha lanciato l’iniziativa “Per la pace che vogliamo”, con una raccolta di firme che chiama alla resistenza civile contro gli accordi con le Farc e accusa il governo di concedere una vasta impunità. «Non accettiamo che sequestrat­ori, trafficant­i di droga e violentato­ri di ragazzine non passino un giorno in galera, e possano avere addirittur­a accesso alla politica», ha detto Uribe. Il governo nega le accuse: ai responsabi­li di gravi crimini non verrà concessa alcuna amnistia.

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