Il “dissenso” americano
/ Cinquanta diplomatici chiudono alla soluzione politica. E chiedono una svolta
Il Dissent Channel è come la buca delle lettere dove i diplomatici del Dipartimento di Stato depositano il disappunto geopolitico, le critiche alle mosse della Casa Bianca, i suggerimenti per cambiare strategia. Non succede spesso e quando succede tutti ne parlano a Washington. Poche settimane fa cinquanta funzionari hanno consegnato un documento sulle scelte (o non scelte) dell’amministrazione americana durante il conflitto in Siria. Dalle prime manifestazioni pacifiche nella primavera del 2011 per chiedere le riforme e per protestare contro gli abusi del regime fino alla guerra civile che ha già causato quasi mezzo milioni di morti. Robert Ford è stato l’ultimo ambasciatore americano a Damasco, richiamato per «ragioni di sicurezza» e comunque sgradito al clan degli Assad: nei mesi dei cortei aveva visitato le aree dove l’opposizione era più forte, nei dispacci dalla Siria chiedeva al presidente Barack Obama di appoggiare i manifestanti, di spingere il presidente Bashar a lasciare il potere. Niente di tutto questo è stato deciso nello Studio Ovale. «A questo punto gli sforzi per arrivare a un accordo politico», spiega Ford in un’intervista al settimanale New Yorker, «non porteranno a nulla. Il regime ha dimostrato di essere pronto a qualunque atrocità per restare al comando». Da “pensionato” Ford sostiene le ragioni dei diplomatici che si sono appellati al Dissent Channel, come loro sa che concentrarsi sullo Stato Islamico non risolverà il caos siriano (le operazioni degli Assad – ricorda – hanno ucciso sette volte di più tra i civili) avverte che la Siria – e il vicino Iraq – non sono lontani dal punto di rottura: da nazioni a frammenti di nazioni le cui macerie rischiano di stravolgere tutto il Medio Oriente. Chi ha letto la situazione siriana allo stesso modo dei cinquanta “dissenzienti” è Hillary Clinton, che potrebbe succedere a Obama e cambiare la dottrina americana. Prima che sia troppo tardi, avverte Ford.