Corriere della Sera - Sette

La torre di materiali riciclati indica la rotta verso riva

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Non è alto quanto il faro storico di Alessandri­a d’Egitto (120 metri) o quello più moderno del porto di Beirut (36 metri) ma per i pescatori di Gaza indica la via del ritorno a Gaza fino a un paio di chilometri nel mare. La Striscia non ha mai avuto un faro o almeno nessuno se ne ricorda, la baia dove adesso approdano le piccole imbarcazio­ni non si è mai sviluppata, in passato ha fatto da tappa tra i porti più grandi del Mediterran­eo orientale. La torre di 13 metri, inaugurata agli inizi di giugno, è stata progettata dall’artista Sharif Sarhan che ha scelto di usare materiali riciclati, i simboli della distruzion­e che ha colpito Gaza durante i cinquantan­ove giorni di guerra con Israele nell’estate del 2014. La parte superiore è decorata con i resti delle pentole di alluminio e gli altri utensili da cucina recuperati tra le macerie del quartiere di Shijaya, la pietra alla base è un blocco di cemento, quel che rimane dei palazzi An Nada. Al centro un pilastro di ferro, ricordo di un Medio Oriente che non esiste più, quando la ferrovia correva tra frontiere adesso sono chiuse. I fondamenta­listi che dominano la Striscia hanno cercato di trasformar­e il faro in bandiera politica, in vessillo per le battaglie di Hamas. Per gli abitanti di Gaza – dove l’elettricit­à manca per la maggior parte del tempo – è solo una luce d’orgoglio.

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