Diplomazia all’attacco
/ Seul sta seducendo i vecchi alleati di Kim Yong-un. Per isolare il nemico
Il tentativo di accerchiamento è evidente. E la stessa Corea del Nord, nel tentativo di ridicolizzarlo – e di attribuirne la responsabilità indiretta agli Stati Uniti – ha dimostrato di esserne preoccupata. La Corea del Sud, infatti, ha avviato una campagna diplomatica in grande stile per sottrarre al regime di Kim Yong-un il maggior numero di alleati. Per farlo, è scesa in campo innanzitutto la stessa presidente sud-coreana: Park Geun-hye era alla testa della delegazione che ha girato nelle ultime settimane per l’Africa orientale, tra Etiopia, Kenya e Uganda. Obiettivi economici a parte, è proprio in quest’ultima nazione che il capo dello Stato orientale ha giocato la partita principale. Quale carta in particolare sia stata quella più convincente, è intuibile. Ciò che è evidente è che, pochi giorni dopo l’incontro a Entebbe con il pari-grado Yoweri Museveni ( foto), che vantava un’intesa di lunga data con Pyongyang, il governo ugandese ha chiesto ai 60 consiglieri militari nordcoreani e agli ufficiali presenti nel Paese africano di tornare in patria. A poco vale la spiegazione ufficiale arrivata dalla Corea del Nord – “Il contratto era terminato” – : il ritiro ha una spiegazione evidente. E certo, il potenziale beneficio economico che può trarre da intese commerciali con Seul fa capire cosa può aver convinto l’Uganda. Ora la Corea del Sud sembra stia cercando di portare uno scacco ancora maggiore al despota oltre il 38° parallelo: a Cuba. L’amicizia fra i due Paesi “comunisti” è antica, forte della comune inimicizia nei confronti degli Stati Uniti. Adesso, però, l’apertura dei rapporti fra L’Avana e Washington cambia il quadro. E soprattutto, ha offerto uno spiraglio in cui il ministro degli Esteri di Seul si è subito fiondato. Yun Byung-se è partito per la prima visita ufficiale nell’isola di Fidel Castro dichiarando il “sincero desiderio” di normalizzare i rapporti diplomatici. Portava doni al parigrado cubano Bruno Rodriguez? Hanno parlato per ben 75 minuti. Alla fine, Yun ha citato Neil Armstrong: «È stato un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità». Ovviamente, tagliando fuori Pyongyang. un’Africa che cresce, (sia pure meno del previsto), a cominciare dall’Etiopia, prima per incremento del Pil nel 2015. E non l’ignorano affatto i brand multinazionali che ne cercano di conquistare i consumatori. I quali per prima cosa, secondo la ricerca Bcg, associano la proprietà dei prodotti allo status e al senso di benessere (con buona pace della sharing economy) e si fanno consigliare nell’acquisto da parenti e amici (di questi ultimi si fidano i giovani in Ghana e in Nigeria): tra i marchi globali più amati, quelli delle auto giapponesi e tedesche e dei telefonini coreani. E sono soprattutto gli smartphone a “comunicare” ottimismo: entro il 2019, attraverso il mobile, 250 milioni di persone che non avevano mai avuto contatti con una banca, accederanno a servizi finanziari.