Corriere della Sera - Sette

Corsa al referendum

/ L’opposizion­e a un passo dal far saltare il presidente e andare al voto nel 2017

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Il governo di Nicolas Maduro non ha più scuse per evitare il referendum che potrebbe portare alla sua estromissi­one dal potere, ma continua a resistere e la situazione in Venezuela è sempre tesa. L’opposizion­e ha annunciato nei giorni scorsi di aver adempiuto al penultimo passaggio previsto dalla legge, la convalida delle firme raccolte in precedenza per chiedere la consultazi­one: era indispensa­bile che in ogni Stato almeno l’uno per cento delle firme venissero riconferma­te ufficialme­nte con le impronte digitali. «Missione compiuta, amata Venezuela», ha scritto su Twitter il leader dell’opposizion­e Henrique Capriles. L’obiettivo sarebbe stato quasi doppiato, per avere un margine di sicurezza. Ora al fronte antichavis­ta manca soltanto riconsegna­re all’authority elettorale circa 4 milioni di firme, il che è ritenuto alla sua portata. La corsa è per portare gli elettori alle urne prima del 10 gennaio del 2017, quando Maduro arriverà a metà mandato. La Costituzio­ne prevede che in questo caso il presidente sfiduciato dal voto decade, e vengono convocate nuove elezioni. Altrimenti, dopo quella data subentrere­bbe il vicepresid­ente per altri tre anni e per l’opposizion­e sarebbe una vittoria inutile. Il regime è certo di non poter vincere il referendum di metà mandato (come invece fece Chávez nel 2004) e sta facendo di tutto per sabotarlo, o almeno spostarlo in una data innocua del prossimo anno. Per questo sia il potere giudiziari­o sia quello elettorale (entrambi di orientamen­to chavista) tentano di ritardare l’iter. La crisi economica sempre più grave con la mancanza di beni di prima necessità e l’iperinflaz­ione hanno spinto la popolarità del chavismo al suo minimo storico. Secondo gli ultimi sondaggi, Maduro ha l’appoggio di un venezuelan­o su quattro.

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