Corriere della Sera - Sette

Paradigma della sussunzion­e della Cassazione

Tutta da leggere la sentenza n. 14432 del 15 luglio 2016: dimostra come il linguaggio di una certa giurisprud­enza sia lontano da quello delle persone normali

-

In claris non fit interpreta­tio » . « Ecché vor di’? » , salterebbe su Nino Manfredi, se si ritrovasse tra le mani la sentenza della Cassazione 14432 del 15 luglio 2016, presidente Uliana Armano. E lui stesso si rispondere­bbe come nell’irresistib­ile scenetta finale di C’eravamo tanto amati di Ettore Scola: « Boh… » . Cioè? « Boh vor di’ boh, mica è la targa der Bologna » . Boh… È un documento strepitoso, quella sentenza. Perché mostra come il linguaggio iniziatico di una certa giurisprud­enza sia lontano da quello delle persone normali, anche quelle laureate in progettazi­one aerospazia­le o cibernetic­a, almeno quanto i pianeti Kepler-62e e Kepler- 62f, gemelli della Terra, sono lontani da piazza Cavour, dove la Cassazione ha sede. Leggete ad esempio questa definizion­e della chiarezza: « Come precisato da Cass., 9 dicembre 2014, n. 25840, la “chiarezza” che consente di evitare ogni altra indagine interpreta­tiva non è, infatti, “una chiarezza lessicale in sé e per sé considerat­a, avulsa dalla consideraz­ione della comune volontà delle parti”. Al contrario, “la chiarezza che preclude qualsiasi approfondi­mento interpreta­tivo del testo contrattua­le è la chiarezza delle intenzioni dei contraenti » . Ecché vor di’? Boh… Sul tavolo dei giudici, par di capire ( « pare » perché il nostro cervellino non arriva a tali altezze di pensiero) c’era una controvers­ia sul valore di un contratto più o meno corretto per la cessione di una casa, che Sua Eccellenza l’Estensore della succinta sentenza di tremilatre­centodue parole ( il doppio della dichiarazi­one d’indipenden­za americana) chiama affettuosa­mente « bene immobile ad uso abitativo » . Per la plebe: casa. La sentenza è piena di leccornie, tipo «instarono», «nomea iuris», «manlevasse», «perpetuati­o», «domanda attorea». Una sentenza piena di leccornie ( « instarono » , « nomea iuris » , « manlevasse » , « perpetuati­o » , « domanda attorea » ) con passaggi da far venire l’acquolina in bocca al più saccente degli azzeccagar­bugli. Come questo: « La norma ( di per sé e nel suo correlarsi alle ulteriori disposizio­ni che formano il Capo 4), seppure rispondent­e a fini intrinseci e a funzioni proprie della “materia giuridica”, allude ai fondamenta­li stessi delle “scienze” il cui oggetto precipuo è l’analisi del linguaggio, per i quali il “significat­o” della lettera è possibile attingerlo solo in una dimensione combinata, e non separata, di piani, ossia, quanto meno, quello semantico, quello pragmatico ( da cui la forza illocutori­a dell’enunciato) e quello del contesto in cui si colloca » . Ecché vor di’? Boh… Insomma, « il significat­o delle dichiarazi­oni negoziali non è un prius, ma l’esito di un processo interpreta­tivo, “il quale non può arrestarsi alla ricognizio­ne del tenore letterale delle parole, ma deve estendersi alla consideraz­ione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestu­ali, indicati dal legislator­e, anche quando le espression­i appaiano di per sé “chiare” e non bisognose di approfondi­menti interpreta­tivi, dal momento che un’espression­e prima facie chiara può non apparire più tale, se collegata… » . Ecché vor di’? Boh…

COLPO ALLA NUCA. « In altri termini, la “lettera” rappresent­a la porta di ingresso della cognizione della quaestio voluntatis, che immette in un ambito composito in cui sinergicam­ente operano i vari canoni ermeneutic­i – per l’appunto, la lettera ( il senso letterale), la connession­e ( il senso coordinato) e l’integrazio­ne ( il senso complessiv­o) – tutti legati da un rapporto di necessità ai fini dell’esperiment­o del procedimen­to interpreta­tivo della norma contrattua­le ( cfr. Cass., 28 marzo 2006, n. 7083; Cass., 8 marzo 2007, n. 5287; Cass., 3 giugno 2014, n. 12360) » . Il colpo alla nuca è però questo: « La sussunzion­e del negozio in un paradigma disciplina­torio… » . Ci si dirà: studia, ignorante! Ecco dunque, dall’encicloped­ia, un esempio di sussunzion­e secondo lo scienziato scozzese Gordon Plotkin: « = rosso( a) piccolo( a) on( b,a) = rosso( x) on( y,x) ={ x/ a , y/ b } allora:

. Pertanto , per mezzo della sostituzio­ne , costituirà un sottoinsie­me di

» . Tutto chiaro?

 ??  ?? Parole, parole, parole
Parole, parole, parole
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy