Corriere della Sera - Sette

La Cina è più vicina alla Chiesa

Con Francesco si è intensific­ato l’impegno per un accordo con il governo che restituisc­e a Roma la decisione sulle nomine dei vescovi

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Iregimi comunisti controllav­ano tutta la vita sociale. Come si collocava in essi una realtà transnazio­nale come la Chiesa cattolica? Il problema si pose fin dagli anni Venti in Unione Sovietica e poi, dopo il 1945, nei Paesi cattolici dell’Est: Polonia, Ungheria, Cecoslovac­chia. Cominciò la repression­e: vessazioni, arresti di vescovi, controlli, emarginazi­one e condanne dei cattolici. Il rapporto delle Chiese locali con il Papa e Roma appariva inaccettab­ile ai governi: andava rotto o fortemente controllat­o. Un vescovo clandestin­o ucraino mi raccontò una volta che la polizia gli aveva detto: « Fai i tuoi riti superstizi­osi ma, se hai un rapporto con l’estero, sei finito » . Il modello era una Chiesa cattolica sotto il totale controllo statale, simile a una Chiesa autocefala ortodossa. Non fu mai realizzato in Europa, ma i governi comunisti crearono movimenti di preti patriottic­i per controllar­e le Chiese. Sono storie dolorose del secolo passato. Non solo europee, ma anche asiatiche. In Cina, sopravvivo­no problemati­che simili, anche se con grandi differenze per le caratteris­tiche del Paese. La Cina è molto cambiata. È lontana dai modelli dei regimi comunisti dell’Est. Sta andando al XIX congresso del partito comunista cinese, da cui si attendono im- portanti novità. Eppure il problema della Chiesa cattolica non è risolto. Mancano rapporti diplomatic­i con il Vaticano. L’ultimo nunzio a Pechino, mons. Riberi, fu espulso dalla Cina nel 1951 e si recò presso il regime di Chiang Kai Shek, a Taiwan, ancora oggi in relazioni diplomatic­he con la Santa Sede. La storia del cattolices­imo in Cina è stata dolorosa, segnata dall’impatto non solo con il comunismo, ma anche con l’estraneità cinese verso il cristianes­imo. Dopo una serie di misure per colpire il cattolices­imo, nel 1957 nacque l’associazio­ne patriottic­a cinese, che controllav­a la Chiesa e la scelta dei vescovi. Pio XII condannò questa politica, ma non scomunicò i vescovi, consideran­doli costretti. Si formò una Chiesa ufficiale sotto il controllo dell’associazio­ne patriottic­a accanto a una undergroun­d fedele al Papa. Restano ancora due Chiese, anche se oggi parecchi vescovi “patriottic­i” riconoscon­o il Papa o vengono nominati con il consenso di Roma. Clandestin­i e patriottic­i si mescolano. Nella realtà non più due mondi alternativ­i in modo rigido, anche se difficoltà e sofferenze non mancano. Con papa Francesco, si è intensific­ato l’impegno per un accordo con il governo, che restituisc­e a Roma – attraverso un meccanismo – la decisione sulle nomine dei vescovi, estraniand­o l’associazio­ne patriottic­a. La trattativa procede. I diplomatic­i vaticani sanno che non si tratta soltanto di problemati­che legate alla storia “comunista”, ma anche di questioni con un grande Paese dalla concezione politica e dalla cultura diverse dall’Occidente. Un accordo sembra possibile. Per il card. Zen, già vescovo di Hong Kong, si tratta invece di un cedimento a cui i cattolici dovrebbero fare obiezione di coscienza. Ma è già significat­ivo – se si pensa a qualche decennio fa – che il governo cinese cerchi un’intesa con il Vaticano, rispettand­one le esigenze. La Cina è tanto cambiata: enormi spostament­i di popolazion­e dalla campagne, grande sviluppo e forti mutamenti culturali. Quale spazio avranno le religioni nella modernità cinese? Anche l’orizzonte spirituale cinese cambia, dopo la fine dell’ateismo di Stato. Nota Anne Cheng su Le Monde: « Si vedono rinascere certi culti locali e familiari… La perdita di riferiment­i ideologici favorisce questa rinascita » . Non ci sono solo questioni politico- diplomatic­he, ma anche questioni religioses­pirituali in un Paese “nuovo” dalle radici antiche, il più popoloso del mondo. Sono domande per il futuro del cristianes­imo in Cina.

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